Diciamoci la verità. Non è stata certo la simpatia e neppure la condivisione delle idee che l’eurodeputata Ilaria Salis esprime a tenerci sulle spine per la sua vicenda personale, quanto piuttosto le implicazioni ad essa collegate. Con la decisione della plenaria di Strasburgo, che ha confermato (con un solo voto di scarto) l’immunità all’esponente di Avs, il Parlamento europeo ha sottratto un’eletta, ma prima ancora una cittadina Ue, al sistema penale dell’Ungheria.
Un Paese in cui, al di là dei reati che le vengono contestati, difficilmente avrebbe avuto la garanzia di un giusto processo per non parlare del regime carcerario (ve la ricordate sfilare in aula a Budapest con i ceppi ai polsi e alle caviglie?) al quale sarebbe stata di nuovo sottoposta. In evidente contrasto con gli standard dello Stato di diritto richiesti ad un membro dell’Unione europea e per i quali l’Ungheria è finita sotto la lente di Bruxelles.
Una vicenda sulla quale le destre italiane non hanno perso occasione di fare sfoggio, quando si parla di giustizia, del solito doppio standard: garantisti con gli amici, giustizialisti con gli avversari. “Confermare l’immunità a Ilaria Salis è stata una decisione sbagliata, per un solo voto, che rischia di minare la credibilità del Parlamento Europeo e di allontanarlo dai cittadini”, ha tuonato l’eurodeputato di Fratelli d’Italia Marco Squarta.
“L’immunità parlamentare serve a tutelare la libertà del mandato, non a trasformarsi in un privilegio personale davanti a fatti gravi e del tutto estranei all’attività politica, per di più antecedenti all’elezione – ha rincarato la dose -. Il Parlamento non è un tribunale, ma deve garantire che la giustizia possa procedere liberamente, senza interferenze politiche”. Un ragionamento che non farebbe una piega se solo Fratelli d’Italia avesse applicato, per coerenza, la stessa regola anche in Italia, nei confronti della ministra Santanchè.
Accusata di fatti “gravi”, tipo la truffa ai danni dello Stato, e “antecedenti” al suo mandato ministeriale. Per lei il partito della premier, che tuona contro l’odioso privilegio in sede Ue, non ha esitato a sostenere il conflitto di attribuzione dinanzi alla Consulta per una delle inchieste in cui la ministra è coinvolta. Quando si dice due privilegi e due misure.