L'Editoriale

Ambasciator porta pena

Ambasciator porta pena

L’ambasciata israeliana presso la Santa Sede protesta. è risentita per l’intervista rilasciata all’Osservatore Romano dal Segretario di Stato Vaticano, Pietro Parolin. Che “rischia di minare gli sforzi per porre fine alla guerra a Gaza”, cosa che, violando praticamente tutte le tregue finora tentate, Netanyahu è riuscito a fare benissimo da solo.

Nel mirino della rappresentanza diplomatica israeliana sono finite alcune dichiarazioni di Parolin che, come ha però precisato Papa Leone XIV, esprimono “molto bene l’opinione della Santa Sede”. In particolare quelle in cui, dopo aver ribadito che l’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023 “è stato disumano ed è ingiustificabile”, il segretario di Stato afferma che “è diritto di chi è attaccato difendersi, ma anche la legittima difesa deve rispettare il parametro della proporzionalità”. E se dopo due anni “rischiamo di assuefarci a questa carneficina”, per Parolin, “è inaccettabile e ingiustificabile ridurre le persone umane a mere ‘vittime collaterali’…”.

Parole di assoluto buonsenso che però non sono piaciute affatto all’ambasciata israeliana presso la Santa Sede. Che redarguisce il cardinale per l’”equivalenza morale non pertinente” tra l’attentato di Hamas e la reazione israeliana. “Ad esempio, l’applicazione del termine ‘massacro’ sia all’attacco genocida di Hamas del 7 ottobre sia al legittimo diritto di Israele all’autodifesa”. In pratica i 1.200 morti israeliani del 7 ottobre sono vittime di un massacro (e ci mancherebbe altro). Mentre i quasi 70mila palestinesi uccisi in due anni dall’esercito israeliano cosa sarebbero? Danni collaterali, come dice Parolin?

“Non esiste equivalenza morale tra uno Stato democratico che protegge i propri cittadini – aggiunge l’ambasciata israeliana – e un’organizzazione terroristica intenzionata a ucciderli”. Sempre che lo Stato democratico in questione non sacrifichi migliaia di civili per reagire ad un attacco terroristico con gli stessi metodi dei terroristi. Uno Stato democratico individua i responsabili, li neutralizza se necessario con l’uso legittimo e proporzionato della forza o, se possibile, li arresta e li processa. Israele ha scelto invece l’alternativa della barbarie. Anche se all’ambasciata israeliana spiace sentirselo dire.