Mentre il Cremlino cerca di gettare acqua sul fuoco e Yuri Ushakov, consigliere per la politica estera del presidente Vladimir Putin, afferma che “non c’è una riduzione” nel dialogo tra la Russia e gli Usa e che i contatti proseguono, in Europa i signori della guerra continuano ad alimentare lo scontro.
La risoluzione di guerra
Il Parlamento europeo ieri ha approvato a larga maggioranza, 469 voti favorevoli, 97 contrari e 38 astenuti, una risoluzione con cui si chiede una risposta unitaria dell’Ue alle presunte provocazioni russe e la condanna delle violazioni dello spazio aereo e degli attacchi con droni contro Paesi e infrastrutture europei.
Nel testo c’è la richiesta di un’azione coordinata e proporzionata, incluso l’abbattimento delle minacce aeree, l’appello a una difesa Ue-Nato unificata, a nuove sanzioni contro la Russia, ai progressi verso un’Unione della difesa e a una più stretta cooperazione con l’Ucraina. Inoltre si sottolinea l’esigenza di creare un pilastro europeo solido all’interno della Nato. Chiedendo una maggiore coordinazione, unità e solidarietà tra gli Stati membri, le istituzioni dell’Ue e le strutture della Nato, i deputati insistono sulla necessità di avanzare verso una vera Unione europea della difesa.
Più investimenti nelle armi
Questo progresso dovrebbe essere accompagnato da un adeguato finanziamento nell’attuale e nel prossimo quadro finanziario pluriennale, evidenziando la necessità di un migliore equipaggiamento delle forze di polizia e delle autorità civili per rilevare e contrastare i droni. E cambiano poco la sostanza delle cose le rocambolesche piroette di Ursula von der Leyen nel cambiare i nomi ai progetti di riarmo.
Le piroette linguistiche di Ursula
Si era partiti col militaresco RearmEU da 800 miliardi. Dopo le critiche però di Roma e Madrid, la Commissione prima ha partorito il ben più rassicurante programma di prestiti Safe, poi ha rimpacchettato l’intera operazione con il termine ‘Prontezza 2030’. Adesso che si appresta a presentare alle capitali la versione definitiva, con i progetti neri su bianco, le cifre, e il cronoprogramma legato agli investimenti, ecco l’ennesima acrobazia: l’etichetta sarà “Preserving Peace – Readiness Roadmap 2030”.
M5S dice no
Gli eurodeputati della Lega e del M5S sono stati gli unici rappresentanti italiani a Strasburgo a votare contro il testo approvato dall’Eurocamera. Hanno invece votato a favore del documento gli eurodeputati di Forza Italia, Fratelli d’Italia e Partito democratico, incluso l’indipendente Marco Tarquinio. Si sono astenuti, infine, i rappresentanti di Avs e la democratica Cecilia Strada.
“La risoluzione votata rappresenta l’ennesima pericolosa escalation della politica europea. La richiesta rivolta agli Stati membri di abbattere aerei russi rischia di trasformare degli incidenti in casus belli e scontri militari diretti tra potenze nucleari. L’intenzione di espandere le capacità di droni e contromisure anti-drone e finanziare massicci sistemi di sorveglianza militarizza gli spazi aerei e le frontiere UE, distoglie risorse pubbliche da priorità sociali e alimenta la dipendenza dall’industria bellica. Direttive che il governo Meloni segue fedele come un cagnolino”, ha dichiarato Danilo Della Valle, europarlamentare M5S.
Tra i guerrafondai Ue si distinguono i baltici
A soffiare sul fuoco della guerra sono in prima linea i Paesi baltici. “Non siamo in guerra ma neanche in una situazione di pace. Dobbiamo riconoscere che questa situazione forse si protrarrà per anni, con provocazioni, turbative e atti di sabotaggio. Quindi, siamo effettivamente sotto attacco, e per far fronte a questo dobbiamo essere pronti a dissuadere e a rispondere in maniera unitaria”, ha detto Andrius Kubilius, commissario per la Difesa.
In un’intervista al Corriere della Sera il presidente lituano, Gitanas Nauséda, ha detto che “i recenti avvenimenti in Germania e in Danimarca dimostrano che la Russia vuole sfidare tutti noi. Vuole sfidare il mondo democratico, perché questo è l’ultimo sogno di Putin: distruggere la democrazia”.
Fomentati anche i polacchi. Varsavia appare riluttante a estradare in Germania l’ucraino ricercato per il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream. “Non è nell’interesse della Polonia consegnare il sospettato a un altro Paese”, ha dichiarato il primo ministro Donald Tusk, sottolineando che “il problema per l’Europa, l’Ucraina, la Lituania e la Polonia non è che il Nord Stream 2 sia stato fatto esplodere, ma che sia stato costruito”.
Radoslaw Sikorski, ministro degli Esteri polacco, ha indicato le sue linee guida per indurre al negoziato Mosca: “Prima dare una dimostrazione di forza e solo dopo dialogare”. Avanti così, verso il baratro.