Governo, partiti, istituzioni, editoria, vertici Rai… Tutti ieri hanno fatto a gara per esprimere solidarietà a Sigfrido Ranucci, vittima dell’attentato dinamitardo davanti a casa che ha distrutto la sua auto e quella della figlia. Una fiera della solidarietà, ma anche sarebbe meglio definire dell’ipocrisia. Sì, perché quella politica che ieri si è stracciata le vesti per Ranucci è la stessa che fino a due giorni prima lo chiamava sciacallo, lo isolava, cercava di cacciarlo dalla Rai e, soprattutto, lo querelava. Senza pietà.
L’ultima querela notificata a Ranucci poche ore dopo l’attentato
Basta un numero per capire quanto il giornalismo di Ranucci e della sua redazione non piaccia al potere: 224. Cioè le querele che il conduttore televisivo ha ricevuto negli anni. Molte delle quali ancora aperte. “La cosa singolare”, ha detto Ranucci a La Notizia, ieri, “è che proprio mentre moltissimi mi mandavano messaggi di solidarietà, i Carabinieri mi hanno dato l’appuntamento per oggi pomeriggio alle 17,30 per consegnarmi l’ennesimo atto giudiziario…”. Il paradosso.
La guerra di Meloni e Fdi
E tra i primi ad aver infierito e vessato Ranucci con procedimenti giudiziari (fino a oggi sempre perdenti) è proprio il partito della premier Giorgia Meloni, quella che ieri in una nota ha dichiarato: “La libertà e l’indipendenza dell’informazione sono valori irrinunciabili delle nostre democrazie, che continueremo a difendere”. Una difesa che stride con i dati. Fratelli d’Italia, infatti, detiene il poco edificante primato di esser stato il primo partito nella storia repubblicana ad aver querelato in blocco – e non come singoli esponenti – un giornalista, con tanto di richiesta di risarcimento danni per oltre 50mila euro.
E non che parlamentari e ministri di FdI non abbiano agito in giudizio contro Ranucci e Report a titolo personale, anzi. La lista recita: il presidente del Senato, Ignazio La Russa, la sua famiglia, il ministro Adolfo Urso (plurime querele), il sottosegretario Enrico Fazzolari, il capo di gabinetto di Meloni, Gaetano Caputi…
Azioni giudiziarie anche da Lega, Fi e Pd
Ma anche la Lega non scherza, Report infatti è stato citato dal ministro Giancarlo Giorgetti e dall’avvocato del Carroccio, Andrea Mascetti, nonché dalla figlia del presidente della Lombardia, Attilio Fontana (questa vicenda si è conclusa a favore di Ranucci tre giorni fa in sede penale, ma è ancora aperta in sede civile). Evidenze che stridono con le dichiarazioni di ieri del vicepremier e ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini (“Quanto successo a Pomezia è di una gravità inaudita e inaccettabile. Totale solidarietà a Sigfrido Ranucci e alla sua famiglia”). Mentre il ministro degli Interni Matteo Piantedosi annunciava: “Ci sarà il massimo impegno delle forze di polizia per accertare rapidamente gli autori. Ho dato mandato di rafforzare al massimo ogni misura a sua protezione”.
Carota e Cognac
Pure Forza Italia non si è sottratta al gioco della querela facile. Ranucci infatti ha cause aperte con il senatore Maurizio Gasparri (quello che ieri ha dichiarato “Totale condanna dell’attentato e ferma volontà che si scoprano presto gli artefici di questa vicenda”, ma che in sede di commissione di Vigilanza Rai gli mostrò prima una bottiglietta di Cordiale, poi una carota, quindi lo informò in diretta che lo avrebbe querelato per alcuni post apparsi sulla pagina Twitter di Report a proposito della riunione in corso, non scritti dai redattori di Report…), l’intera famiglia Berlusconi, Marta Fascina, Michela Vittoria Brambilla.
All’appello risultano anche esponenti Pd, come Vincenzo De Luca, che della querela al conduttore tv se n’era vantato durante una delle sue famose dirette social.
I vertici di TeleMeloni oggi piangono, ma hanno fatto di tutto per cacciarlo
Discorso a parte meritano i peana posticci dei vertici Rai e dell’Amministratore delegato Rai, Giampaolo Rossi, che se ieri hanno dichiarato “massima e convinta solidarietà a Sigfrido Ranucci”, fino all’altro ieri avevano fatto di tutto per isolarlo all’interno dalla televisione pubblica (tanto che da mesi si parla di un possibile passaggio di Ranucci a La7).
Una infinita sequela di sgarbi che vanno dal taglio di quattro puntate dalla nuova edizione di Report, al dirottamento alla TgR degli storici redattori del programma, passando per la decurtazione dei compensi per la redazione e la revoca della responsabilità della gestione degli aspetti amministrativi (contratti, trasferte, questioni legali ecc…) del programma..
Richiami e contestazioni
Tra i provvedimenti presi dai vertici di viale Mazzini contro il giornalista, poi, si devono ricordare anche i richiami e le contestazioni disciplinari, come quella paventata dopo la partecipazione di Ranucci a una trasmissione de La7 nella quale aveva pubblicizzato la nuova stagione di Report. O l’ordine di servizio inviato dalla direzione Rai che vietava di diffondere notizie o commenti sull’azienda sui propri social personali a tutti i dipendenti. Un ordine arrivato dopo che due post di Ranucci su Facebook avevano raccolto oltre 9 milioni di views.