Tutto come da pronostico. Questa mattina i ministri dell’Energia dell’Unione Europea hanno dato il via libera, a maggioranza, alla proposta della Commissione Ue di Ursula von der Leyen sullo stop al gas e Gnl russo in tre fasi. Il piano prevede il divieto di nuovi contratti a partire dal 1° gennaio 2026, la conclusione degli accordi a breve termine entro il 17 giugno 2026 e il termine dei contratti a lungo termine entro il 31 dicembre 2027. Contrarie soltanto Ungheria e Slovacchia, che hanno espresso forti riserve sui rischi economici e di approvvigionamento.
Come facilmente ipotizzabile alla vigilia di questa decisione, nelle ore antecedenti al voto c’è stato un acceso dibattito tra i ministri e le autorità europee. Prima del Consiglio Energia a Lussemburgo, il commissario Ue Dan Jorgensen aveva lanciato un monito chiaro: “Per troppo tempo abbiamo permesso a Putin di usare l’energia come arma contro di noi. La Russia continua ad attaccare gli impianti energetici in Ucraina. Dobbiamo mostrare una posizione molto ferma oggi”. Jorgensen ha sottolineato come il via libera potesse avvenire a maggioranza qualificata e non all’unanimità, mostrando ottimismo sul raggiungimento di un accordo.
Dal fronte dei contrari, la ministra slovacca Denisa Sakova ha spiegato che la proposta avrebbe “un impatto negativo significativo sulla Slovacchia in termini di prezzi dell’energia e sicurezza dell’approvvigionamento”. Del resto la Slovacchia, senza sbocco al mare e con accesso limitato ai terminali Gnl europei, rischierebbe di essere tra i Paesi più penalizzati dal provvedimento.
Diametralmente opposta la posizione della ministra tedesca dell’Economia e dell’Energia, Katherina Reiche, secondo cui resta fermo “l’impegno di Berlino” nella ricostruzione energetica dell’Ucraina, con 390 milioni di euro stanziati nel quadro dell’Ukraine Energy Support Fund e la fornitura di attrezzature per ripristinare la rete danneggiata. “La nostra priorità è impedire che Putin continui a finanziare la guerra attraverso le esportazioni di energia e materie prime”, ha dichiarato, ricordando come la quota di gas importato dalla Russia in Europa sia scesa dal 19% al 13%.
L’Unione europea chiude i rubinetti: via libera allo stop al gas russo. E intanto spuntano indiscrezioni di stampa sul duro faccia a faccia tra Trump-Zelensky
L’accordo Ue, seppur approvato a maggioranza, arriva in un contesto internazionale segnato da tensioni politiche. Secondo indiscrezioni riportate dal Financial Times e dal Washington Post, il faccia a faccia tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky lo scorso venerdì avrebbe assunto i contorni di una vera e propria “lite furibonda”, scandita da accuse e toni da ultimatum. Trump avrebbe intimato al presidente ucraino di accettare le condizioni di Putin, avvertendo che la Russia avrebbe altrimenti “distrutto” l’Ucraina. Zelensky, rientrato da Washington senza gli invocati Tomahawk, ha ribadito che non ci saranno “ricompense” per l’aggressore e ha sollecitato maggiore pressione internazionale sul Cremlino, convocando i Volenterosi e chiedendo passi decisivi da parte di Usa, Europa, G7 e G20.
Pur non considerandola un Paese neutrale, Zelensky ha dichiarato di essere “pronto” a trattare a Budapest se ciò potrà avviare un dialogo di pace. “Non credo che Budapest sia la sede migliore per questo incontro”, ha affermato, citando il primo ministro ungherese Viktor Orbán – grande amico di Vladimir Putin – come interlocutore poco affidabile. Per questo il presidente ucraino ha detto che sarebbero preferibili altre sedi come Svizzera, Austria, Vaticano, Arabia Saudita, Qatar e Turchia per tenere “colloqui di pace seri”. Ua proposta che, però, al Cremlino non interessa e che difficilmente porterà a un cambiamento della sede già scelta e approvata – senza nemmeno interpellarlo – da Trump e Putin.