Garante Privacy, da Meloni il solito scaricabarile: le opposizioni attaccano, lei incolpa chi governava prima

Nello scontro sul Garante della Privacy le opposizioni attaccano. Meloni risponde, ma si limita al solito scaricabarile.

Garante Privacy, da Meloni il solito scaricabarile: le opposizioni attaccano, lei incolpa chi governava prima

Scontro aperto sul Garante della Privacy. Le opposizioni chiedono l’azzeramento del collegio, mentre la presidente del Consiglio contrattacca. L’ultimo scontro è tra Elly Schlein, segretaria del Pd, e Giorgia Meloni. Tra accuse e controaccuse. Schlein parla di un “quadro grave e desolante” dopo le ultime rivelazioni della puntata di Report. La presidente del Consiglio ricorda ai dem che il collegio è stato nominato dal Parlamento durante la scorsa legislatura.

Schlein vs. Meloni, è scontro sul Garante per la Privacy

Ad attaccare è prima la segretaria del Pd: “Sta emergendo un quadro grave e desolante sulle modalità di gestione dell’Autorità Garante per la Privacy che rende necessario un segnale forte di discontinuità. Penso che non ci sia alternativa alle dimissioni dell’intero consiglio”.

Schlein parla di un “sistema gestionale opaco, caratterizzato da numerosi conflitti di interesse e da una forte permeabilità alla politica. Senza un azzeramento e una ripartenza sarà impossibile ricostruire la fiducia dei cittadini nell’istituzione che deve tutelarne i diritti e assicurare la necessaria terzietà del collegio, anche rispetto alla politica”.

La risposta di Meloni arriva poco dopo, rispondendo alle domande dei giornalisti prima di partire per Bari: “L’autorità è eletta dal Parlamento, non abbiamo competenza sulla possibilità di azzerare l’autorità, è una decisione che casomai spetta al collegio. Però una cosa la voglio dire: questo garante è stato eletto durante il governo giallo-rosso, quota Pd e 5s e ha un presidente in quota Pd, dire che sia pressato da un governo di centrodestra mi pare ridicolo. Se il Pd e i 5s non si fidano di chi hanno messo all’Autorità per la Privacy, non se la possono prendere con me, forse potevano scegliere meglio”.

La presidente del Consiglio continua: “Si può discutere sulla legge, se volete rifacciamo la legge ma non ho fatto io neanche quella, forse anche lì ve la dovreste prendere con qualcun altro”. Sul caso è tornato anche il conduttore di Report, Sigfrido Ranucci, secondo cui le dimissioni del Garante sarebbero “una grande sconfitta” e non una vittoria. Parlando a Un Giorno da Pecora, Ranucci spiega che “l’inchiesta svela un’anomalia che conoscevamo da tempo: ha fatto comodo alla politica la gestione delle Authority così. Credo che sia un problema serio in Italia”.

Le opposizioni all’attacco

Il Pd, intanto, annuncia con il suo capogruppo al Senato, Francesco Boccia, che presenterà in queste ore un’interrogazione sulla questione del Garante della Privacy: “C’è un collegio che anziché garantire terzietà è connivente con partiti della maggioranza, con alcuni gruppi, con alcune aziende, con studi legali. Ci auguriamo, proprio per difendere la storia e l’indipendenza dell’Autorità della Privacy, che ha avuto tra le sue fila personalità eccelse come Stefano Rodotà, come Francesco Pizzetti, e la lista è lunga, che il collegio abbia un sussulto di dignità e faccia un passo indietro: l’autorevolezza del Garante della Privacy non è mai caduta così in basso”.

Torna a far polemica anche il Movimento 5 Stelle, attraverso i suoi parlamentari in commissione di Vigilanza Rai: “Abbiamo chiesto a Giorgia Meloni di parlare, ma se questa è la risposta, era meglio se restava in silenzio. Di fronte alle gravi ombre che avvolgono il Garante della Privacy, Meloni si trincera dietro la burocrazia, dicendo che “non è competenza del governo”. Una risposta da impiegata del potere, non da Presidente del Consiglio. Non una parola sulle accuse, non una presa di distanza dai rapporti diretti che Agostino Ghiglia intratteneva con lei e con sua sorella. Non un segno di responsabilità istituzionale, nulla. Noi, a differenza sua, quando emergono dubbi così profondi sulla correttezza di un organo pubblico, chiediamo che chi è coinvolto faccia un passo indietro. Meloni invece resta a guardare, come se nulla fosse. Così facendo difende il membro del garante che lei stessa ha piazzato lì e che le mandava messaggini e faceva visita a sua sorella a Via della Scrofa. E lo fa senza vergognarsi”.