La Cisgiordania brucia e Gaza trema: le nuove violenze dei coloni rischiano di far saltare la tregua

Nuove violenze dei coloni in Cisgiordania, condannate da Herzog, minacciano il cessate il fuoco tra Hamas e Israele

La Cisgiordania brucia e Gaza trema: le nuove violenze dei coloni rischiano di far saltare la tregua

La fragile tregua tra Israele e Hamas vacilla sotto il peso delle tensioni in Cisgiordania, dove decine di coloni israeliani hanno preso d’assalto due villaggi palestinesi, incendiando case, veicoli e magazzini agricoli. Gli scontri, avvenuti martedì, hanno coinvolto anche soldati israeliani intervenuti per fermare gli aggressori, che in parte si sono poi rivolti contro le stesse forze di sicurezza. Quattro palestinesi sono rimasti feriti.

Secondo i resoconti ufficiali, circa un centinaio di coloni, molti con il volto coperto, hanno partecipato all’assalto vicino a Tulkarem, in Cisgiordania. Le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno fermato alcuni responsabili, mentre altri sono riusciti a fuggire dopo aver attaccato un veicolo militare. Le immagini circolate sui social mostrano camion carbonizzati e campi devastati: una violenza che si inserisce in una scia di aggressioni sempre più frequenti, acuite dalla stagione della raccolta delle olive e dal clima di tensione seguito alla guerra di Gaza.

La Cisgiordania brucia e Gaza trema: le nuove violenze dei coloni rischiano di far saltare la tregua

Il presidente israeliano Isaac Herzog ha definito gli episodi “scioccanti e gravi”, condannando con fermezza “ogni forma di violenza che colpisce civili e soldati”. Ha chiesto alle autorità di “agire con decisione per sradicare questo fenomeno” e ha ribadito il sostegno ai militari “che ci proteggono giorno e notte”. L’esercito ha confermato di aver arrestato “diversi civili israeliani” coinvolti negli incendi e negli attacchi.

Nel tentativo di stemperare le tensioni e di garantire il passaggio degli aiuti umanitari, Israele ha annunciato la riapertura del valico di Zikim, nel nord della Striscia di Gaza, per consentire l’ingresso dei camion con viveri e medicinali. Una decisione accolta con cautela dalle organizzazioni internazionali, che però denunciano il blocco di materiali essenziali.

La denuncia dell’Unicef

L’Unicef ha infatti accusato Israele di impedire l’ingresso a Gaza di 1,6 milioni di siringhe destinate alla vaccinazione dei bambini, insieme a frigoriferi solari per la conservazione dei vaccini e biberon per il latte artificiale. “Sia le siringhe che i frigoriferi sono considerati materiali a duplice uso, e questo rallenta l’autorizzazione all’ingresso nonostante l’urgenza umanitaria”, ha spiegato il vice portavoce Ricardo Pires. L’agenzia Onu sta cercando di portare avanti una campagna di immunizzazione per oltre 40 mila bambini sotto i tre anni, molti dei quali hanno saltato le vaccinazioni di base a causa della guerra.

Intanto, un’inchiesta della Bbc rivela che Israele avrebbe distrutto più di 1.500 edifici nelle aree di Gaza sotto il suo controllo dall’inizio del cessate il fuoco con Hamas, il 10 ottobre scorso. Le immagini satellitari mostrano interi quartieri rasi al suolo. L’esercito israeliano sostiene che le demolizioni siano avvenute “nel rispetto del quadro del cessate il fuoco”, ma diversi esperti citati dall’emittente britannica ritengono che tali operazioni possano violare i termini dell’accordo negoziato da Stati Uniti, Egitto, Qatar e Turchia.

“L’aiutino” di Trump a Netanyahu

Sul piano politico, l’attenzione si sposta di nuovo su Benjamin Netanyahu. L’ex presidente americano Donald Trump ha inviato una lettera al presidente israeliano Herzog chiedendogli di concedere la grazia al premier, definendo il processo per corruzione “politico e ingiustificato”. Una richiesta che ha spaccato la politica israeliana.

Il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir ha parlato di un’iniziativa “giusta e urgente”, accusando la procura di aver montato un caso “infondato e vergognoso”. Più prudente invece il leader dell’opposizione Yair Lapid, che ha ricordato come “la legge israeliana preveda l’ammissione di colpa e un’espressione di rimorso” come condizioni necessarie per ricevere la grazia.

Tra le violenze in Cisgiordania, le accuse umanitarie e le turbolenze politiche interne, il cessate il fuoco traballa sempre di più. E la prospettiva di una nuova esplosione del conflitto sembra, ancora una volta, dietro l’angolo.