Report non violò alcun segreto di stato trasmettendo le immagini dell’incontro tra lo 007 Marco Mancini, ex dirigente del Dis e l’allora senatore Matteo Renzi. A stabilirlo, ieri, il Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Roma, Luca Battinieri, che ha depositato un’ordinanza di 6 pagine, relativa al procedimento avviato dopo l’esposto di Mancini su una serie di servizi di Report andati in onda tra il 3 maggio e il 16 giugno 2021. L’indagine coinvolgeva, a vario titolo, i giornalisti Giorgio Mottola, Danilo Procaccianti, Sigfrido Ranucci, Salvatore Walter Molino, Francesca Immacolata Chaouqui ed il defunto Francesco Di Mare.
L’incontro Mancini-Renzi all’autogrill
Il provvedimento riguarda l’ipotesi di violazione del segreto di Stato, contestata in origine ai soli Mottola e Procaccianti per l’intervista – trasmessa in forma anonima – nella quale un ex appartenente ai servizi riconduceva Mancini alla figura ripresa mentre incontrava Matteo Renzi il 23 dicembre 2020 in un autogrill. Il Gip, pur riconoscendo che i dati del personale di Dis, Aise e Aisi sono “potenzialmente soggetti a segretazione”, ha ritenuto determinante la necessità che il segreto sia formalmente apposto dal Presidente del Consiglio, come previsto dalla legge 124/2007.
Non era stato apposto alcun segreto di Stato
Nel caso concreto, osserva il giudice, non risulta alcun accertamento sulla sussistenza di tale apposizione, “né la diffusione della notizia avrebbe avuto una idoneità lesiva per gli interessi di sicurezza nazionale, presupposto indispensabile per configurare i reati contestati”.
Tutti sapevano chi fosse e cosa facesse Mancini
Per il Gip “è da escludere” la configurazione dei reati di violazione di segreto di Stato e di rivelazione di notizia di cui sia stata vietata la divulgazione perché “aver divulgato che Marco Mancini era un appartenente del Dis e, ancor prima, del Sismi non aveva idoneità concreta a nuocere agli interessi sottesi alla segretazione sol considerando che il suo status era pressoché di dominio pubblico tanto da risultare in una pluralità di fonti aperte. Irrilevante è, al riguardo – si legge nell’ordinanza del gip – il pregiudizio lamentato dall’opponente che la difesa ricollega alla vasta esposizione mediatica procuratagli dalle puntate di Report perché un conto è il danno che la vicenda ha arrecato a Mancini sul piano personale (con tanto di riferite e documentate minacce di morte ricevute via posta) altro e ben diverso è il nocumento agli interessi pubblicistici dello Stato sottesi alla tutela del segreto, unico aspetto rilevante ai fini della sussistenza dell’illecito”.
Da qui l’archiviazione per Mottola e Procaccianti, in relazione alla presunta rivelazione di segreto di Stato. Contestualmente, il gip ha dichiarato estinto per morte del reo il procedimento a carico di Francesco Di Mare.
Ora il tribunale di Ravenna dovrà decidere sulla supposta diffamazione
Diversa la questione sulla presunta diffamazione aggravata: per questo profilo il giudice non è entrato nel merito. La legge 223/1990, infatti, stabilisce che la competenza territoriale nei casi di diffamazione televisiva spetti al tribunale del luogo di residenza della persona offesa. Poiché Mancini risiede a Cervia, la competenza è del Tribunale di Ravenna. Il Gip di Roma ha quindi dichiarato la propria incompetenza e disposto la trasmissione degli atti al pubblico ministero per l’invio degli atti alla sede giudiziaria competente per territorio.
Ranucci: “Sempre detto di non aver violato alcun segreto”
“Ho sempre detto che nessun segreto di Stato era stato violato. L’ipotesi del complotto dei servizi e della violazione del segreto di Stato è servito solo a far vendere più libri a chi aveva interesse a questo tipo di narrazione”, ha commentato ieri Ranucci. “Dovrebbero pagare le royalty alla professoressa di sostegno che ha fotografato quell’incontro”, aggiunge sarcastico.
Per il giornalista però la vicenda ha un lato positivo: “Alla fine come avevamo ipotizzato, l’unico segreto rimarrà la natura dei colloqui tra Renzi e Mancini ai margini di quell’autogrill. Se oggi questo Paese è un po’ più democratico lo si deve alla scelta di quell’insegnante che ha condiviso la documentazione con dei giornalisti. In seguito a quella scelta lei ha rischiato un processo con 4 anni di carcere, ma il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai servizi ha emanato una direttiva che vieta agli 007 di incontrare politici senza autorizzazione del vertice”.
“Sono contento – conclude il conduttore – che sia stata provata ancora una volta la lealtà, il rigore e la correttezza della squadra di Report, di chi lavora per il servizio pubblico. Sono felice anche per la memoria di Franco di Mare, da lassù potrà apprezzare che la trasmissione che ha valorizzato. Ancora una volta non l’ha deluso”.