Le Lettere

Il liceo del flop in Italy

Da insegnante so che il Liceo del Made in Italy è stato un fiasco colossale. Però i giornali non ne parlano ed è passato in cavalleria. Un peccato.
Milena Corsetti
via email

Gentile lettrice, cito spesso il Liceo del Made in Italy perché quel mostricciattolo è il paradigma della modestissima statura culturale della Meloni. L’idea è stata partorita dalla premier in persona, che forse credeva di lasciare un’impronta simile alla riforma della scuola del ministro fascista Gentile. E forse s’illudeva di contribuire all’“egemonia culturale della destra”, fenomeno fantasma, pura illusione ottica. Nella realtà il Liceo del Made in Italy si è dimostrato un’idea così assurda che non si sa come qualcuno possa averla concepita senza aver prima scolato una bottiglia di grappa. Nessuno nel pieno delle proprie facoltà può ignorare che il Made in Italy comprende i campi più disparati, come disegnare un tailleur di Armani, coltivare grandi vini, progettare un motore della Ferrari o creare spazi architettonici innovativi alla Renzo Piano. Solo chi sia fortemente avulso dalla cultura (e sto usando una perifrasi eufemistica) può aver pensato di abbracciare l’intera gamma di competenze in un’unica scuola. Tra l’altro, per ogni aspetto del Made in Italy esistono già fior di facoltà universitarie. Il fiasco infatti è stato fragoroso, penoso. Nel 2024 all’inutile e risibile liceo si sono iscritti 375 studenti su 468.750, cioè lo 0,08% dei liceali. 92 licei, con una media di 4 alunni per liceo, dicasi quattro. È ovvio che i giornali non ne parlino e men che mai le tv. Guai a dire la verità, e cioè che la Meloni non ne azzecca una.

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