Nuova, ennesima, tegola sulla testa del sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro. Due giorni fa, infatti, la procura di Venezia ha chiuso le indagini su presunte irregolarità legate alle spese elettorali sostenute da Brugnaro per le elezioni comunali del 2020, quando venne eletto per la seconda volta, sindaco di Venezia.
Nei giorni scorsi è stato notificato il deposito degli atti all’Avvocatura civica di Venezia, indicata come parte lesa, e ai quattro indagati: Brugnaro, a cui vengono contestati finanziamento illecito e falso; il direttore generale del Comune, Morris Ceron e Walter Bianchi, presidente del Consorzio produzione e sviluppo Nordest, per il reato di finanziamento illecito, e il mandatario delle spese elettorali, Adriano Giugie, accusato di falso. Si tratta di un’indagine che non ha relazioni con quella per corruzione (l’Inchiesta Palude) che vede imputato lo stesso Brugnaro, e per la quale l’udienza preliminare è stata fissata l’11 dicembre prossimo.
Brugnaro avrebbe sforato il tetto di spesa elettorale
Questa nuovo fascicolo riguarda invece un presunto “sforamento” del tetto di spesa elettorale, fissato a 330mila euro. Secondo la procura, invece, il sindaco nel 2020 avrebbe utilizzato fondi e contributi per 513mila, mentre al Collegio regionale di garanzia presso la Corte d’appello sarebbe stata dichiarata una spesa di soli 251.202 euro, di cui soltanto una piccola parte – 20.072 euro – provenienti da soggetti diversi dallo stesso candidato.
Da Impresa Comune fondi nascosti per 768.552 euro
Per i pm Brugnaro avrebbe ricevuto finanziamenti definiti “opachi”, provenienti anche da aziende appartenenti alla sua “galassia”. Con l’accusa di finanziamento illecito è indagato anche lo storico collaboratore di Brugnaro, Ceron, ai tempi al vertice dell’associazione “Un’impresa comune”, fondata per la prima campagna elettorale del 2015, che avrebbe foraggiato il sindacato con 20.072 euro. Ma, secondo i calcoli della Guardia di Finanza, dai conti dell’associazione sarebbero usciti in realtà negli anni 768.552 euro.
Altri 200mila euro non dichiarati dal Consorzio produzione e sviluppo Nord-est
Stessa storia per “Venezia 20-25”, l’associazione che aveva sostituito nel 2020 “Un’Impresa comune” in occasione della nuova tornata elettorale, che avrebbe sostenuto spese per 129mila euro. Stessa ipotesi di reato di Ceron anche per Bianchi, che a “Impresa Comune” avrebbe, in qualità di amministratore del Consorzio produzione e sviluppo Nord-est, elargito 200 mila euro. fondi qualificati però come “erogazione liberale” e non elettorale.
Scontro sul periodo delle donazioni elettorali a Brugnaro
Nella ricostruzione delle spese elettorali la procura fa riferimento al periodo che va dal 10 dicembre del 2019 (data dell’accredito del primo finanziamento) fino al 31 dicembre 2020 (data dell’ultimo pagamento di fatture), mentre la comunicazione effettuata al Collegio regionale di garanzia elettorale dal mandatario elettorale di Brugnaro, Giugie, ha preso in considerazione solo il periodo relativo ai 45 giorni antecedenti le votazioni. Per questo a Brugnaro e Giugie viene contestato anche il reato di falso in atto pubblico, avendo firmato tutti i documenti di spesa.
La difesa del sindaco di Venezia
Secondo le difese di Brugnaro, invece, il denaro sarebbe proveniente dallo stesso sindaco, versato attraverso due sue società che avrebbero registrato a bilancio versamenti a favore dei comitati elettorali in maniera corretta, Umana e Consorzio produzione e sviluppo Nord est. “La campagna elettorale, secondo la legge, è durata dal 6 agosto al 19 settembre 2020 e solo le spese in quella finestra vanno rendicontate – spiegano i legali di Brugnaro Alessandro Rampinelli e Giulia Ranzato –. La procura ha considerato invece il periodo dal 10 dicembre 2019 al 31 dicembre 2020, con una forzatura, facendo sembrare elettorali spese che non lo sono”.
L’altra maxi-inchiesta Palude che inguaia Brugnaro
Intanto si avvicina per Brugnaro un altro impegno penale per l’inchiesta “Palude”, che vede 34 persone e 14 società destinatarie della richiesta di rinvio a giudizio. Tra queste Brugnaro, i collaboratori comunali Morris Ceron e Derek Donadini, il magnate di Singapore Kwong e il suo referente Luis Lotti. Sono accusati, a vario titolo, di operazioni legate alla tentata vendita dei terreni dei Pili e alla vendita di Palazzo Papadopoli. Tutti hanno scelto di difendersi nel processo senza ricorrere a riti alternativi. L’udienza preliminare in calendario l’11 dicembre definirà il quadro complessivo delle imputazioni: corruzione, turbativa d’asta, induzione indebita, impiego di denaro illecito, false fatture e altri reati contestati a seconda delle posizioni.