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Attaccare il sindacato non risolverà i problemi dei lavoratori

Il problema non è l'unità dei sindacati: per aiutare davvero i lavoratori bisognerebbe rafforzare la contrattazione.

Attaccare il sindacato non risolverà i problemi dei lavoratori

Sul “Foglio” di mercoledì 26 novembre Marco Leonardi, ex consigliere di alcuni illustri esponenti del Pd come Gentiloni e Gualtieri e capo del Dipe, il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica durante il governo Draghi, ha scritto un articolo in cui addita alla lentezza del rinnovo dei contratti collettivi il crollo del potere d’acquisto dei lavoratori (-8% fra il 2019 e il 2025). Per Leonardi, se, da un lato, le parti datoriali hanno rinviato la firma dei Ccnl finché l’indice dei prezzi non è tornato al 2%, dall’altro i sindacati non hanno usato il loro potere contrattuale perché “tendenzialmente” questo “dipende da quanta disoccupazione c’è”.

Ma se la maggiore occupazione registrata in questi anni, seppur con salari dal valore reale molto più basso rispetto al pre-Covid, avrebbe dovuto rafforzare Cgil, Cisl e Uil perché – domanda l’economista – ciò non è avvenuto? La ragione “politica” da lui individuata è la “frammentazione del fronte sindacale”: ognuno ha condotto le proprie battaglie (chi per il referendum sul Jobs Act, chi per la legge sulla partecipazione e chi per la detassazione degli aumenti contrattuali) perdendo di vista “la priorità”, ossia evitare ritardi nei rinnovi. Per quanto legittime, le argomentazioni di Leonardi ignorano alcuni aspetti fondamentali.

Primo: in questi anni dei rinnovi si sono concretizzati, per esempio il tessile-abbigliamento (2021), la chimica e la farmaceutica (2022), il legno-arredamento (2023). Secondo: in moltissimi casi, le varie categorie della triplice si presentano ai tavoli con una piattaforma unitaria, non con singole istanze che possono dar luogo a mercanteggiamenti. Si pensi al caso più recente, il Ccnl dei metalmeccanici rinnovato sabato scorso dopo 17 mesi di difficili trattative e 40 ore di sciopero. Alla fine, Fim, Fiom e Uilm sono riusciti nell’intento di firmare un rinnovo pienamente soddisfacente che – fra le altre cose – garantirà a 1,5 milioni di lavoratori incrementi salariali superiori all’inflazione spalmati su 4 anni.

Terzo: malgrado tutti, a parole, sostengano la necessità di rafforzare la contrattazione, la stessa opera in un sistema che non la sostiene. Al contrario di ciò che avviene in altri Paesi europei, in Italia non ci sono norme sulla rappresentanza o enti che vigilino sull’effettiva applicazione contrattuale. Il risultato è la proliferazione dei contratti “pirata”, che creano concorrenza sleale. Insomma, sparare a zero sul sindacato è facile ma non risolve i molti problemi del mercato del lavoro. Anzi.