Povertà alimentare e sanitaria: ecco i dati che smentiscono il governo

L’Atlante della Fame rivela 6 milioni di italiani senza alimentazione adeguata mentre è in crescita anche la povertà sanitaria.

Povertà alimentare e sanitaria: ecco i dati che smentiscono il governo

La narrazione di un Paese in ripresa si scontra, ancora una volta, con la realtà. Quella che emerge dai numeri, dai dati, dall’allarme lanciato da due diversi rapporti. E che parla chiaramente di un aumento della povertà alimentare e della povertà sanitaria. Andiamo con ordine. Ieri alla Camera dei Deputati è stato presentato l’Atlante della Fame in Italia, il rapporto annuale che misura in modo sistematico la povertà alimentare e le sue cause. Un documento tecnico, eppure dirompente, che si inserisce di traverso nella narrazione rassicurante con cui la maggioranza descrive da mesi un Paese in ripresa. I dati raccontano tutt’altro.

Secondo l’analisi, quasi 3 milioni di famiglie nel 2024, circa 6 milioni di persone, non sono riuscite a garantire un’alimentazione sana e bilanciata: l’11% dei nuclei italiani, in aumento rispetto all’8,4% dell’anno precedente. È la fotografia di un Paese in cui mangiare in modo adeguato non è più un punto di partenza, ma un traguardo fragile. Molti tagliano proteine, altri saltano pasti per far mangiare i figli.

La frattura territoriale è netta. Nel Sud il 14,3% delle famiglie non può permettersi un pasto proteico ogni due giorni, con percentuali oltre il 10% anche nel Centro e nelle Isole. Le situazioni più critiche si registrano tra le famiglie numerose, tra i nuclei con componenti stranieri e nei contesti con bassi livelli d’istruzione. È qui che emerge la frattura tra il racconto politico e la realtà: la povertà lavorativa è diventata un fenomeno stabile, che smentisce l’idea che il lavoro basti a proteggere.

Il paradosso degli invisibili

Il rapporto descrive anche una fascia di famiglie che vive appena sopra la soglia di povertà e che basta un imprevisto per far precipitare. Ma il dato più rivelatore riguarda la domanda di aiuto: il 78% delle famiglie che non può permettersi un pasto proteico non accede ad alcuna forma di sostegno. Lo stigma pesa, la sfiducia pesa, e pesa l’idea che l’assistenza sia un binario morto. È la povertà che non compare nelle statistiche perché resta chiusa in casa, lontana dai radar istituzionali.

Sul fronte delle politiche pubbliche, la risposta resta parziale. Carta Dedicata a Te e Reddito Alimentare garantiscono interventi immediati, ma non toccano le radici economiche della povertà. Intanto il costo di una dieta sana cresce, e oltre un milione e mezzo di persone ha vissuto periodi senza risorse sufficienti per acquistare cibo. Più di 430 mila minori rientrano nella deprivazione alimentare, con i picchi maggiori nel Mezzogiorno.

La distanza tra innovazione locale e immobilismo nazionale

Nelle città metropolitane nascono modelli più avanzati: empori solidali, food policy urbane, percorsi che uniscono educazione alimentare e reinserimento lavorativo. Sono laboratori che mostrano come sia possibile intervenire sulle radici sociali della povertà. Ma restano isole: manca una strategia nazionale, manca un coordinamento, manca soprattutto l’assunzione politica di un dato evidente.

Perché l’Atlante lo dice senza giri di parole: un italiano su dieci non ha accesso a un’alimentazione adeguata. Non è un dettaglio tecnico né una disputa ideologica. È un indicatore sociale che misura la distanza tra il Paese raccontato e il Paese reale. La povertà alimentare è ormai un fenomeno strutturale, intreccio di salari insufficienti, precarietà, inflazione e welfare frammentato.

Un Paese che viene descritto come se stesse meglio dovrebbe dimostrarlo dove conta davvero: nella possibilità di mettere in tavola ciò che serve. Oggi, invece, la distanza tra retorica e realtà non si chiude. E prima o poi la politica dovrà rispondere a questi numeri, non alle proprie narrazioni.

La povertà è pure quella sanitaria

L’altro allarme viene dal dodicesimo Rapporto sulla povertà sanitaria di Banco Farmaceutico. Nel 2025 sono state 501.922 le persone in povertà sanitaria, ovvero quelle che hanno dovuto chiedere aiuto a una delle oltre duemila realtà assistenziali convenzionate con Banco Farmaceutico per ricevere gratis farmaci e cure che non potevano permettersi. Un aumento dell’8,4% rispetto alle 463mila persone che hanno chiesto aiuto nel 2024. In condizione di povertà sanitaria si trovano soprattutto uomini (51,6%), persone in età adulta (il 58% ha tra i 18 e i 64 anni), ma anche tantissimi minori: sono ben 145mila, ovvero il 29% del totale.

I malati acuti (56%) superano i malati cronici (44%). E c’è poi un altro dato allarmante: nel 2024 la spesa farmaceutica delle famiglie è stata di 23,81 miliardi, con una lieve crescita (+0,7%) rispetto all’anno precedente, ma con una quota di spese a carico del Servizio sanitario nazionale che si ferma al 57,3% del totale. Quindi oltre 10 miliardi vengono pagati interamente dalle famiglie, con una crescita di quasi 1,8 miliardi rispetto al 2018. Nel 2024 quasi una persona su dieci ha rinunciato a visite ed esami specialistici, ricorda il Rapporto citando l’Istat, soprattutto a causa delle liste d’attesa, ma anche per ragioni economiche, con un dato in crescita rispetto all’anno precedente.