Dario Tamburrano, europarlamentare del M5S, perché il governo italiano ha deciso di tagliare i sussidi a sostegno della creazione delle comunità energetiche previsti dal Pnrr?
“Al Governo la transizione energetica interessa poco. Il Ministero, che immeritatamente si chiama dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, prima promette ai cittadini che avrebbe sostenuto economicamente i loro progetti poi si rimangia le promesse all’ultimo minuto. Il fatto che, dopo l’annuncio del taglio, le domande di installazioni di comunità energetiche siano aumentate conferma che c’è un forte interesse nel settore e che i fondi stanziati sarebbero stati assorbiti completamente. Invece, dopo questa improvvida e scellerata riduzione, non solo ci sono cittadini che potrebbero non beneficiare degli incentivi che spettavano loro, in più si mina ancora una volta l’affidabilità del legislatore e si pongono le aziende nelle condizioni di non poter più investire, anche se molte erano pronte a sostenere nuovi progetti. Le comunità energetiche sono un esempio di come rilanciare iniziative dal basso che coinvolgono cittadini, imprese e comuni e questo taglio penalizza tutti indistintamente, il pubblico come il privato”.
A quanto ammontavano le richieste per accedere ai finanziamenti? E cosa succede ora che la dotazione è stata sforbiciata per quanti, cittadini e imprese ed enti locali, avevano già avviato investimenti?
“Le domande presentate ammontano a quasi 1,5 miliardi di euro e avrebbero potuto essere soddisfatte interamente dalla dotazione iniziale. Dopo il taglio, circa metà di questi progetti rimarranno non finanziati. Questo significa che la metà di questi cittadini, enti pubblici e imprese dovranno decidere se andare avanti con progetti anche già avviati sobbarcandosi i costi in prima persona o se abbandonarli. E questo è un danno importante per i cittadini che così perdono un’opportunità di tagliare le proprie bollette. Stesso discorso per le imprese che perdono competitività e per gli enti pubblici che, non potendo ridurre i propri costi energetici, potrebbero essere costretti a tagliare nei servizi. Quando nel 2018 avevo lavorato sul Pacchetto Energia Pulita, facendo entrare le comunità energetiche rinnovabili nel quadro normativo europeo, l’ho fatto perché ero consapevole del grande potenziale per cittadini, ambiente, economia e sicurezza energetica. Vederle trattate così come una vittima sacrificale per fare spazio ad investimenti in altri settori, anche settori che danneggiano l’economia sociale e la vita come l’industria delle armi, è frustrante”.
Tutta la delegazione europarlamentare del M5S ha scritto alla vicepresidente esecutiva della Commissione europea Teresa Ribera. Cosa avete chiesto e cosa vi aspettate che faccia la Commissione?
“Nella lettera, insieme anche a colleghi di altri gruppi, come il vicepresidente dei Verdi europei Ignazio Marino, abbiamo espresso forte preoccupazione per la recente decisione del governo italiano di ridurre del 64% i fondi destinati alle comunità energetiche, a meno di dieci giorni dalla scadenza del bando, peraltro dopo anni di ritardi e incertezze normative da parte del governo italiano. Vogliamo che la Commissione verifichi legittimità e opportunità della decisione sperando in un intervento che permetta di finanziare almeno tutti i progetti presentati entro il 30 novembre e ritenuti ammissibili”.
La guerra in Ucraina ha alimentato il fenomeno della povertà energetica e ha portato all’impennata dei costi dell’energia. Le comunità energetiche possono tamponare il problema?
“Tra il 2021 e il 2023 le bollette di luce e gas per le famiglie italiane sono aumentate in media del 50-60%, con picchi ancora più elevati per le imprese, in particolare per quelle energivore. Questo forte rincaro ha aggravato la povertà energetica, rendendo sempre più difficile per famiglie e piccole imprese sostenere i costi delle forniture. In questo contesto, le comunità energetiche, unite alle novità presenti nella ultima riforma UE del mercato elettrico, rappresentano una soluzione concreta e strutturale per contrastare l’aumento dei prezzi perché garantirebbero prezzi stabili e bassi a cittadini, imprese ed enti locali, disancorati dalle logiche geopolitiche che influenzano i prezzi internazionali del gas. Purtroppo, anche per questi tagli, questo potenziale rimarrà inespresso e, per colpa della poca lungimiranza del governo in termini di politica energetica nazionale, continueremo a rimanere tutti in balia delle decisioni di Trump e dei regimi della penisola arabica”.
Bruxelles potrebbe rinviare “di alcune settimane” l’attesa revisione delle norme sulle emissioni delle nuove auto che dal 2035 imporranno lo stop alla vendita di motori a combustione interna, diesel e benzina. Si aspetta una frenata?
“Sì, mi aspetto una frenata come del resto è già avvenuto, e per molte altre cose, come deforestazione, rendicontazione della sostenibilità, mantenimento delle caldaie a gas. Siamo passati dal Green Deal al new fossil deal dei bombaroli. Anche nel caso dello stop alla messa in vendita di automobili con motori a combustione interna questa incertezza rappresenta un danno e una ingiustizia verso quegli imprenditori che hanno indirizzato gli investimenti verso la rivoluzione sistemica energetica e della mobilità. È lì che si gioca la competitività industriale e il livello occupazionale e tutto questo avviene mentre la Cina corre e va verso la ricarica elettrica da 5 minuti”.
In questi giorni c’è stato il primo anniversario del von der Leyen bis. Dalle picconate all’agricoltura e al Green deal, dal riarmo alla pessima trattativa sui dazi, fino alla rincorsa senza successo per non essere esclusa dai negoziati di pace in Medioriente e Ucraina, quest’Europa colleziona fallimenti. L’ultimo è arrivato dalla Bce con l’indisponibilità di Francoforte a offrire garanzie sull’uso degli asset russi per l’Ucraina. Che ne pensa?
“È pericoloso per gli europei, oltre che triste, avere nelle stanze dei bottoni gente che è rimasta ferma a quando, più di trent’anni fa, Fukuyama teorizzava la fine della storia. La storia invece è andata avanti e ha lasciato indietro l’Unione europea. Quest’ultima non ha saputo inserirsi in un mondo che sta diventando multipolare e si è appiattita sull’ultra atlantismo oltranzista, diventando più realista del re. L’appiattimento è tale da risultare non solo controproducente per gli europei, ma addirittura irritante per Washington, come si constata a proposito delle trattative per chiudere la guerra in Ucraina. A volte penso che le attuali politiche dell’Ue siano come l’insurrezione della Vandea dopo la Rivoluzione francese. I contemporanei credevano che fosse in grado di rovesciare la neonata repubblica, ma la storia l’ha relegata a una riga sui manuali dei licei”.