AI Overviews, la funzione che riscrive il web dentro Google, è finita sotto indagine formale antitrust della Commissione europea. Il fascicolo aperto a Bruxelles punta a verificare se il colosso di Mountain View abbia utilizzato i contenuti degli editori online e i video caricati su YouTube per addestrare e alimentare i propri modelli di intelligenza artificiale generativa senza un compenso adeguato e senza offrire la possibilità di rifiutare l’uso dei materiali. L’indagine riguarda in particolare i riepiloghi generati dall’IA che compaiono sopra i risultati organici di ricerca e la cosiddetta “Modalità AI”, una scheda simile a un chatbot che risponde alle query in forma conversazionale.
Una spinta politica italiana
A portare il caso sul tavolo della Commissione è stata un’interrogazione presentata il 21 novembre dagli europarlamentari M5S Mario Furore e Gaetano Pedullà, che parlano esplicitamente di abuso di posizione dominante. Nella loro nota ricordano che l’uso dei contenuti editoriali nei riepiloghi generati dall’IA rappresenta per gli editori «una pratica palesemente scorretta», perché trasferisce valore informativo senza riconoscere la proprietà intellettuale e altera il mercato pubblicitario. Gli editori segnalano un calo dei clic verso le fonti esterne fino al 30% e un aumento delle ricerche zero-click, quelle che si esauriscono dentro Google senza che l’utente apra il sito di origine. È l’effetto delle nuove funzioni AI Overviews, che di fatto trattengono l’utente nella pagina di ricerca.
La coincidenza temporale tra interrogazione e apertura dell’indagine è rivendicata dagli stessi Furore e Pedullà, che parlano di risposta «immediata». È il punto politico che interessa: un atto parlamentare mette pressione su Bruxelles in un terreno, quello dell’IA, in cui la regolazione corre sempre in ritardo rispetto alle innovazioni delle piattaforme.
Il nodo concorrenza
La Commissione, guidata nella partita antitrust da Teresa Ribera, vuole capire se Google abbia imposto termini e condizioni inique agli editori e ai creatori. Al centro c’è AI Overviews, che inserisce in cima alla pagina un riepilogo sintetico costruito grazie ai contenuti di testate giornalistiche e altri siti. La posizione dominante del motore di ricerca rende la scelta degli editori tutt’altro che libera: chi prova a sottrarsi teme di perdere traffico, visibilità e ricavi.
L’indagine tocca anche YouTube. Chi carica video è tenuto ad autorizzare l’uso dei propri contenuti per l’addestramento dei modelli generativi di Google, senza un corrispettivo e senza possibilità di opt-out. Allo stesso tempo, le politiche della piattaforma impediscono agli sviluppatori concorrenti di usare gli stessi materiali per addestrare i propri sistemi. Ne esce un doppio vantaggio: Google accumula dati e contenuti preziosi per l’IA, i rivali restano esclusi dalla principale biblioteca video del pianeta.
Le conseguenze possibili
La Commissione definisce il dossier una procedura «prioritaria», segnale che l’istruttoria sarà trattata con urgenza. Se dovessero emergere violazioni, si configurerebbe un abuso di posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 del Tfue, con sanzioni potenzialmente fino al 10% del fatturato mondiale del gruppo e con l’obbligo di riscrivere il funzionamento delle funzioni di ricerca basate sull’IA. Per gli editori la posta è esistenziale: la perdita di traffico riduce i ricavi pubblicitari, rende più fragile la tenuta economica delle redazioni e concentra ancora di più il controllo dell’accesso alle notizie nelle mani di una singola piattaforma.
Per gli altri operatori dell’IA, l’esito del procedimento dirà se sarà ancora possibile competere avendo accesso a basi dati ampie e diversificate, oppure se l’ecosistema rimarrà appeso alle condizioni decise da Google e da poche altre grandi aziende tecnologiche. Non è solo un conflitto tra un colosso e la Commissione: riguarda la struttura del mercato dell’IA in Europa nei prossimi anni.
L’azione contro Google arriva inoltre in una fase di stretta europea sulle Big Tech, con nuovi dossier avviati su altre piattaforme e un uso sempre più sistematico degli strumenti del diritto della concorrenza e del Digital Markets Act. Nel vuoto normativo che separa la disciplina del copyright dalle nuove pratiche generative, l’indagine su AI Overviews diventa una prova di forza tra piattaforme e regolatori. Che ad accenderla sia stata un’interrogazione politica italiana segnala un punto semplice: la vigilanza sulle grandi piattaforme digitali esiste solo quando qualcuno la esercita davvero. Ora tocca alla Commissione dimostrare che, di fronte alla nuova stagione dell’intelligenza artificiale, il tempo per farlo non è già scaduto.