Cgil in piazza contro una Manovra “ingiusta e balorda”, ecco i dati dell’emergenza economica

Sono tante le motivazioni dello sciopero generale di oggi della Cgil. Contro una Manovra ingiusta e contro il declino del Paese

Cgil in piazza contro una Manovra “ingiusta e balorda”, ecco i dati dell’emergenza economica

Per fermare l’innalzamento dell’età pensionabile, per dire no al riarmo e investire su sanità e istruzione, per contrastare la precarietà, per vere politiche industriali e del terziario, per una riforma fiscale equa e progressiva. Sono tante le motivazioni dello sciopero generale di oggi della Cgil. Motivazioni e domande a cui la Manovra del governo, che il sindacato guidato da Maurizio Landini bolla come “ingiusta e balorda”, non fornisce alcuna risposta.

Cgil in piazza contro una Manovra ingiusta

Ma vale la pena recuperare gli ultimi dati sullo stato di salute della nostra economia nell’era Meloni che contribuiscono a spiegare perché i lavoratori oggi scenderanno di nuovo in piazza, con buona pace del ministro Matteo Salvini che ritiene “irresponsabile bloccare il Paese con l’ennesimo sciopero generale”. Dopo una breve interruzione è ripresa la serie negativa della produzione industriale italiana che ad ottobre ha ritrovato un netto segno meno con un calo dell’1% sul mese precedente. Un segno che riguarda praticamente tutti i settori, ad eccezione dell’energia e che sta erodendo con effetti progressivi posti di lavoro, consumi, crescita. Non vanno meglio i dati trimestrali – tra agosto e ottobre il livello della produzione è diminuito dello 0,9% rispetto ai tre mesi precedenti – né quello su base annuale che è comunque in flessione anche se con un livello meno accentuato (lo 0,3%). E con questo siamo a 32 mesi di calo su 36 del governo Meloni.

Giù la produzione industriale, soffre in particolare quella metalmeccanica

Tra gennaio e settembre di quest’anno, la produzione metalmeccanica e meccatronica è calata del 2,1% rispetto allo stesso periodo del 2024. A pesare è soprattutto il dato negativo dell’Automotive (-14,3% annuo).  Il numero di occupati nel terzo trimestre (dati Istat) è risultato in calo di 45mila unità rispetto al trimestre precedente. Peraltro l’apporto che l’occupazione dà alla crescita è risibile proprio perché è caratterizzata da bassi salari. È un modello economico che favorisce investimenti ad alta intensità di lavoro in settori a basso contenuto tecnologico, prevalentemente in servizi maturi come bar e ristoranti che hanno bassa produttività. Un’economia da bar, ha commentato non a caso l’europarlamentare pentastellato Pasquale Tridico.

Paghe da fame

Complessivamente, le retribuzioni contrattuali in termini reali a settembre 2025 risultano inferiori dell’8,8% rispetto ai livelli registrati a gennaio 2021. (dati Istat). I lavoratori italiani guadagnano meno di quanto guadagnavano 30 anni fa e meno dei lavoratori di Francia, Germania, Spagna (Rapporto sui salari della Fondazione Di Vittorio-Cgil). Da qui si spiega la contraddizione tra un mercato del lavoro che aumenta e una crescita anemica.

Crescita anemica

L’Istat conferma per quest’anno un Pil pari allo 0,5% e allo 0,8% nel 2026. Già Bruxelles aveva gelato il governo Meloni. La Commissione europea vede una crescita a rilento per l’Italia, tra i fanalini di coda in Europa, proprio mentre Eurozona e Ue corrono più delle attese. Nel confronto europeo, Roma resta nelle retrovie: quest’anno fa meglio solo di Finlandia, Germania e Austria, nel 2026 è davanti alla sola Irlanda e nel 2027 è proprio ‘fanalino di coda’. Quanto a Eurozona e Ue, la crescita acquisita ha superato le previsioni secondo la Commissione europea, che stima per l’intero anno un Pil in aumento dell’1,3% nell’area euro (meglio dello 0,9% stimato in precedenza) e dell’1,4% nell’Ue (dall’1,1%).

Italiani alla canna del gas

Secondo i dati resi noti dall’Istat, nel 2024 sono oltre 2,2 milioni le famiglie in condizione di povertà assoluta per un totale di 5,7 milioni di individui, il 9,8% dei residenti.  Tra le famiglie con persona di riferimento occupata, l’incidenza di povertà nel caso sia lavoratore dipendente è pari all’8,7%, salendo al 15,6% se si tratta di operaio e assimilato. Oltre 6 milioni di lavoratori non arrivano a 1.000 euro al mese (Cgil).

“Lavoratori e lavoratrici, pensionate e pensionati si sono trovati negli ultimi tre anni a pagare 25 miliardi di tasse in più a causa del drenaggio fiscale conseguente alla mancata indicizzazione dell’Irpef. Si va dai 700 euro di perdita netta per un reddito da 20.000 euro, ai 2.000 euro di perdita per un reddito da 35.000. Questa clamorosa ingiustizia fiscale penalizza i soli redditi fissi (non chi è in flat tax, non le rendite, non i profitti). È un meccanismo che va assolutamente fermato”, denuncia la Cgil.

Un italiano su dieci rinuncia a curarsi

E tra bollette alle stelle e l’impennata dei prezzi dei beni alimentari, aumenta il numero delle persone che rinuncia a curarsi. Nel 2024 (dati Istat) il 9,9% della popolazione, pari a circa 5,8 milioni di persone, ha dichiarato di aver rinunciato a visite o terapie a causa di attese eccessive, costi troppo elevati o difficoltà logistiche, in aumento rispetto ai 4,5 milioni del 2023. Mentre, secondo Gimbe, in rapporto al Pil la quota di ricchezza del Paese destinata alla sanità scenderà sotto la soglia “psicologica” del 6% nel 2028.