A Milano è in corso dal “2008” un “ininterrotto processo di dismissione di beni” pubblici “di particolare importanza archeologico-storico-monumentale, paesaggistica o testimoniale” nel “centro storico” che si trovano in aree a forte “valore commerciale”, con cui vengono “trasferiti a privati prestigiosi edifici adibiti ad uffici comunali”. A dare voce a un fenomeno che ogni milanese ha potuto constatare in questi anni è stata la Procura di Milano negli atti dell’ultima inchiesta, che ha portato al sequestro della Torre ‘Unico-Brera’ di via Anfiteatro (zona Brera), ex area pubblica ceduta prima nel 2010 a Bnp Paribas Real Estate Investment sgr e da questa nel 2018 ai costruttori Rusconi.
Un’inchiesta manifesto sulla degenerazione dell’urbanistica milanese
Un’inchiesta che è il manifesto dell’urbanistica speculativa che ha colpito Milano sia per l’iter seguito, sia per i protagonisti, sia per le situazioni paradossali che i Pm hanno verificato. La Torre Unico-Brera, infatti, è stato un intervento edilizio di “nuova costruzione” spacciato per “ristrutturazione” e avviato con una Scia, ovvero un’autocertificazione, senza piano “attuativo” particolareggiato per gli annessi servizi nella zona, tanto che l’impresa costruttrice avrebbe ottenuto dagli uffici comunali uno sconto sugli “oneri di urbanizzazione” del 60%, versando contributi di costruzione per “soli totali 800mila euro”.
Ma nelle 80 pagine del provvedimento si legge anche di come i ruderi settecenteschi da “ristrutturare” fossero stati in realtà abbattuti 13 anni prima dell’avvio dell’iter; di come l’area fosse originariamente destinata a ospitare edilizia popolare; di come sia stato consesso l’aumento delle volumetrie, fino ad arrivare a un edificio di 11 piani e alto quasi 35 metri, per 27 appartamenti totali, con un indice edificatorio di oltre 9 metri cubi per metro quadrato.
Da Oggioni a Cerri, sempre gli stessi protagonisti
Un’inchiesta esemplificativa anche perché tra i 27 indagati figurano nomi già presenti nei fascicoli sull’urbanistica, come quelli degli ex componenti della Commissione paesaggio, tra cui Giovanni Oggioni, arrestato lo scorso marzo per corruzione, Marco Cerri, già destinatario di una misura interdittiva e progettista di Unico-Brera, ex dirigenti comunali come Franco Zinna e Carla Barone, già coinvolti in altre indagini, e gli imprenditori Carlo e Stefano Rusconi della Rs Sviluppo.
Indagato anche l’architetto Alessandro Scandurra, anche lui ex della Commissione paesaggio e coinvolto pure nell’ultimo filone con al centro la corruzione che a luglio aveva portato a sei arresti, tra cui quello dell’allora assessore Giancarlo Tancredi, poi revocati dal Riesame con conferma da parte della Cassazione.
E gli stessi reati: abuso edilizio, lottizzazione abusiva e falso ideologico
Sempre uguali le ipotesi di reato: abuso edilizio, lottizzazione abusiva e falso ideologico. Gli ex della Commissione coi loro pareri favorevoli, il progettista Cerri e i dirigenti comunali, si legge, avrebbero omesso “dolosamente di rilevare la contrarietà del progetto alle norme tecniche vigenti” del Piano di governo del territorio “e di legge”.
L’atto di accusa dei Pm
Ma in quelle 80 pagine c’è di più: c’è un vero atto d’accusa della Procura al sistema Milano. Questa “scelta dismissiva” di “vendita ai privati”, iniziata 17 anni fa con la legge finanziaria che introduceva la possibilità per gli enti locali di “valorizzare” il proprio patrimonio immobiliare, sarebbe stata giustificata come “interesse pubblico”, in quanto “più fruttuosa per le casse del Comune”, ma avrebbe secondo i pm aggirato le “varianti” ai Piani regolatori che “miravano alla vera tutela di tali immobili” con “interventi edilizi e urbanistici di autentico ripristino” dell’esistente, come sarebbe accaduto per via Anfiteatro 7.
Al centro del fascicolo ci sono in particolare le aree che il Pgt di Milano ha classificato come B2, così denominate sin dagli antichi “Piani di Recupero” per l’edilizia residenziale e sottoposte a precise regole e “prescrizioni” per ciascun immobile per essere “risanate”. Regole che avrebbero imposto solo interventi su “opere interne, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo anche con cambio d’uso”.
Regole tutt’oggi in vigore – sottolinea la Procura – perché transitate nei Pgt 2012 e 2020, nonostante l’inserimento dei lotti nel Piano di alienazione e valorizzazione degli immobili (PAVI) del Comune.
Sparito l’elenco delle aree dagli archivi e dal sito del Comune
I pm Petruzzella-Filippini-Clerici-Siciliano scrivono che “l’elenco” delle aree di Milano sottoposte a questi vincoli non è stato trovato durante “l’ordine di esibizione” e il successivo “sequestro” delegati alla GdF nel novembre 2024, perché lo stesso aveva subito “l’eliminazione dagli uffici” e “dal sito” di Palazzo Marino. Le carte sono state reperite in seguito in “copia cartacea” nella ‘Cittadella degli Archivi’ in via Gregorovius, dopo alcune peripezie legate al non funzionamento di un “braccio meccanico in quel momento fuori uso”.
“Smoderato interesse alla rendita esclusiva”
E concludono amaramente i pm: nel settore immobiliare di Milano lo “smoderato interesse alla rendita esclusiva” che “è propria della speculazione edilizia” è sfociato nella ricerca della stessa “a tutti i costi” e con “ogni mezzo anche illecito e criminoso”. Le carte descrivono il “passaggio da una pianificazione urbana delle aree delle città” che era “rispettosa del contesto sociale e della variegata composizione di suoi protagonisti”, “attenta ai valori storici, architettonici e ambientali e urbani delle aree del centro storico”, a una serie di “distorsioni” delle “procedure edilizie” e “intrecci” fra “Comune”, “operatori” e “professionisti esterni” che sono “finalizzati a compiacere e favorire gli interessi speculativi dei privati”.