A Barcellona non erano lupi solitari: dalla rambla a Cambrils fino ad Alcanar, ecco perché il commando aveva in mente un piano ancora più stragista

A Barcellona non erano lupi solitari: dalla rambla a Cambrils fino ad Alcanar, ecco perché il commando aveva in mente un piano ancora più stragista

No, non erano lupi solitari, quelli che hanno colpito due giorni fa in Spagna. Anzi: il piano di morte era molto più ampio e, probabilmente, se fosse andato in porto avrebbe avuto conseguenze ancora più tragiche. Lo sa bene la polizia catalana che già ieri ha confermato come la cellula terroristica preparava “da tempo” gli attentati. A dirlo è stato il comandante della polizia catalana Josep Lluis Trapero. Facciamo un passo indietro per capire nel dettaglio cosa sia accaduto. Mentre la scorsa notte ancora si contavano i feriti e si cercava di capire l’identità dei 13 corpi rimasti senaza vita perché falciati sulle Ramblas a Barcellona, un altro episodio ha sconvolto la Spagna. Cinque terroristi alla guida di un’auto hanno travolto i passanti nel porto di Cambrils, a sud di Tarragona, e poi li hanno colpiti con asce e coltelli. Indosso avevano false cinture esplosive. Gli assalitori sono stati tutti uccisi dalla polizia, ma prima sono riusciti a ferire sei civili e un poliziotto. Quattro dei cinque uomini sono stati uccisi da un solo poliziotto, secondo quanto rivela La Avanguardia che spiega che i quattro sono scesi dall’auto brandendo contro la polizia machete, coltelli e asce. Il quinto è riuscito a fuggire per circa 500 metri prima di essere colpito a morte: nella corsa è riuscito a pugnalare una donna, morta ieri mattina all’ospedale. Gli altri cinque feriti, tra cui un agente, sono stati portati all’ospedale di Tarragona. Gli inquirenti sono sicuri che gli attacchi di Barcellona e Cambrils siano collegati. Non a caso, in relazione all’attacco a Cambrils ieri è stata arrestata una quarta persona a Ripoll, in Catalogna.

IL PIANO “B” – Ma c’è di più. Perché il vero anello di congiunzione sarebbe Alcanar, una cittadina  a 200 chilometri da Barcellona e a un centinaio da Cambrils. Qui è avvenuta un’esplosione, avvenuta nella notte tra mercoledì e giovedì, causata da una persona che maneggiava una ventina di bombole di gas. Un uomo è morto mentre un altro è rimasto ferito, ricoverato in ospedale e arrestato. Una seconda esplosione, accidentale, ha travolto i soccorritori poco dopo, causando sei feriti tra vigili del fuoco e poliziotti. Secondo gli investigatori, i terroristi di Barcellona e Cambrils facevano parte di una cellula che aveva pianificato di attaccare la città catalana con furgoni-bomba ma l’esplosione avvenuta nella casa di Alcanar, dove venivano nascosti gli esplosivi, avrebbe obbligato gli attentatori a cambiare piano e a scegliere di travolgere i passanti sulla Rambla. Insomma, anche se mancano diversi tasselli per chiudere il puzzle, è molto probabile che gli attentati di Barcellona e Cambrils siano stati di fatto un ripiego a un piano ben più ampio e che, con un furgone bomba, avrebbe causato molte più vittime.

IL COMMANDO – Resta chiaro, dunque, che non parliamo di lupi solitari. Secondo la polizia catalana, la cellula era (e in parte è ancora) composta da una dozzina di membri con legami “di parentela” tra di loro. Molti di più, dunque, dei quattro che hanno preso parte attiva alle azioni terroristiche: ai fratelli Oukabir – il maggiore Driss (28 anni, arrestato ma parrebbe estraneo ai fatti) e Moussa (18 anni a ottobre), tuttora latitante e ritenuto l’autista del van che ha travolto gli innocenti sulla Rambla – si aggiungono, come riferito ieri da Repubblica, quelli di Mohamed Hickamy – nato nel 1993 e accusato di aver affittato un secondo van che doveva essere utilizzato per la fuga dalla Rambla – e quello di Mohamed Houlikemlal, nato nel 1996, arrestato ad Alcanar. Un piano, dunque, molto più strutturato di quanto si è creduto in un primo tempo. E che lascia un senso di inquietudine ancora più profondo.