Le Lettere

A Cutro muore pure la poesia

Per la strage dei migranti al largo di Cutro la Meloni accusa Frontex di non aver dato l’allarme. Ma si sapeva che c’erano onde di due metri. Si vergogni.
Alda Mezzetti
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Gentile lettrice, questo governo è un’infamia: oltre 70 cadaveri recuperati, tra cui diversi bambini, e almeno 150 corpi dispersi sul fondo del mare. Ma al cospetto di tale ecatombe non parlerò di politica. Parlerò invece di una delle vittime, il 26enne afghano Kenan Shukur. A uno zio in Svizzera aveva mandato una poesia dicendo: “Se muoio, mettila sulla tomba”. I versi dicono: “La terra della mia anima è così dura./Da questo barcone ho capito:/sei il luogo in cui arrivi/sei l’ultima meta”. Mi ricorda un ragazzo di 17 anni, Zaher Rezai, anche lui afghano, che morì a Venezia nel 2008, schiacciato dal camion sotto cui si nascondeva per passare il confine. Aveva fatto il saldatore in Iran per racimolare i soldi del viaggio. In tasca, un taccuino con versi di lancinante bellezza. “Se un giorno in esilio la morte prenderà il mio corpo/chi si occuperà della sepoltura?/Chi cucirà il mio sudario?/In un luogo alto sia deposta la bara/ché il vento porti alla mia Patria il mio profumo”. E in un’altra poesia: “Questo corpo assetato e stanco/forse non arriverà al mare./Non so cos’ha per me il destino/ma promettimi, Dio,/non lascerai che finisca la primavera”. Una poesia sembra rivolta all’amata, ma forse l’amata era l’Europa: “Tanto ho navigato notte e giorno sulla barca del tuo amore/che o riuscirò ad amarti o morirò annegato./Giardiniere, apri la porta del giardino: non sono un ladro di fiori:/io mi son fatto rosa, non vado in cerca di un fiore qualsiasi”.