La Sveglia

A Gaza la morte non è un incidente, spesso lo è solo la verità

Mentre un filmato incrina una dichiarazione ufficiale, Gaza continua a vivere senza immagini sufficienti.

A Gaza la morte non è un incidente, spesso lo è solo la verità

A Qabatiya, in Cisgiordania, un ragazzo di sedici anni viene ucciso durante un raid. L’esercito israeliano parla di un gesto minaccioso. Un video di sorveglianza racconta altro: Rayyan Mohammad Abu Mualla cammina, poi cade. Le immagini smentiscono la versione ufficiale. Succede spesso che la verità emerga per incidente, quando una telecamera resta accesa. Succede meno spesso a Gaza, dove lo sguardo viene sistematicamente respinto.

Mentre un filmato incrina una dichiarazione, Gaza continua a vivere senza immagini sufficienti. La parola “tregua” circola nelle capitali, ma sul terreno resta una formula astratta. I negoziati promettono una seconda fase a inizio 2026, dicono i mediatori. È un calendario diplomatico. Intanto il tempo reale è quello dei raid che proseguono, dei corpi che non tornano, delle famiglie che aspettano.

La tregua raccontata fuori è una pausa amministrativa. Dentro, Gaza è un luogo dove la scuola è sparita per centinaia di migliaia di bambini, al terzo anno senza istruzione formale. Dove le chiese diventano rifugi e il Natale si celebra sotto protezione armata, con la consapevolezza che basta poco perché la protezione svanisca. La normalità ridotta a eccezione.

Ogni volta che un video smonta una versione ufficiale, il problema si sposta altrove: quante storie restano invisibili perché non c’è una telecamera, perché l’accesso è negato, perché il racconto arriva filtrato? L’assedio funziona anche così: comprimendo lo sguardo, rallentando la verifica, rendendo ogni morte una cifra.

La politica internazionale continua a parlare di fasi, di tavoli, di date future. Gaza resta inchiodata al presente. Un presente fatto di fame, macerie e silenzio. Quando la tregua diventa una parola che non ferma i fatti, resta solo la cronaca dei dettagli che sfuggono. E ogni dettaglio, quando emerge, pesa come un atto d’accusa.