A Trapani torna in cella uno dei carcerieri del piccolo Giuseppe Di Matteo. Costa arrestato con l’accusa di associazione mafiosa

I Carabinieri di Trapani e la Direzione Investigativa Antimafia hanno arrestato con l’accusa di associazione a delinquere di tipo mafioso Giuseppe Costa. Perquisita anche l’abitazione dell’uomo, a Purgatorio di Custonaci, in provincia di Trapani, dove lo stesso aveva realizzato in muratura la “cella” dove era stato segregato il piccolo Giuseppe Di Matteo, (figlio del collaboratore di giustizia Mario Santo), poi barbaramente ucciso e sciolto nell’acido. L’uomo, durante la lunga detenzione (dal 1997 al febbraio 2007) ha ricevuto il sostegno economico del sodalizio mafioso senza mai collaborare con gli inquirenti.

Subito dopo la scarcerazione, secondo chi indaga, ha rinsaldato le sue relazioni con i vertici dei mandamenti di Trapani e Mazara del Vallo per l’aggiudicazione di appalti, le speculazioni immobiliari, risoluzione di dissidi tra privati, l’attività intimidatoria, il riparto di proventi di denaro ricavati da attività illecite, nonché ha partecipato alla mobilitazione mafiosa per le elezioni regionali dell’autunno del 2017 e assunto il ruolo di controllore e tutore degli interessi di Cosa Nostra su un impianto di calcestruzzi della provincia trapanese.

Costa, come si legge nella sentenza definitiva di condanna, tutte le mattine si presentava puntuale nella casa-prigione, chiedendo ai carcerieri quali generi alimentari gradissero, provvedendo al loro acquisto. Fu testimone dell’arrivo del piccolo Di Matteo, che giunse a Purgatorio chiuso nel portabagagli e incappucciato. Costa, recluso per il suo ruolo in uno dei più efferati delitti della storia di Cosa Nostra, secondo la strategia decisa dai corleonesi e dallo stesso Matteo Messina Denaro, durante la lunga detenzione (dal 1997 al febbraio 2007) ha ricevuto il sostegno economico del sodalizio mafioso senza mai collaborare con gli inquirenti.

Subito dopo la scarcerazione, ha rinsaldato le sue relazioni con i vertici dei mandamenti di Trapani e Mazara del Vallo per l’aggiudicazione di appalti, le speculazioni immobiliari, la risoluzione di dissidi tra privati, l’attività intimidatoria, il riparto di proventi di denaro ricavati da attività illecite. L’uomo è accusato anche di avere partecipato alla mobilitazione mafiosa per le elezioni regionali dell’autunno del 2017, in quanto le famiglie mafiose di Trapani e Marsala si erano interessate al procacciamento di voti in particolare in favore della candidata, poi non eletta, Ivana Inferrera, arrestata con l’operazione “Scrigno”.

Le indagini hanno inoltre permesso di appurare che Costa aveva assunto il ruolo di controllore e tutore degli interessi di Cosa Nostra nella Calcestruzzi Barone s.r.l. di San Vito Lo Capo, risultata sotto l’influenza mafiosa delle famiglie Virga e Mazzara, ditta cui era stato richiesto di fornire una parte dei proventi per l’organizzazione mafiosa. Costa era attivo anche nelle operazioni di recupero crediti per conto dell’esponente mafioso trapanese Antonino Buzzitta.