I dazi di Donald Trump sono “illegali” e vanno bloccati. La decisione della Us Court of International Trade è rimasta valida per poche ore, fino a quando la Corte di Appello non ha deciso di accogliere il ricorso dell’amministrazione che chiedeva una pausa della sentenza.
L’impressione è che siamo alle prime battute di quella che si preannuncia una lunga battaglia giudiziaria sulle tariffe, che molto probabilmente arriverà alla Corte Suprema. La sentenza della US Court of International Trade è “temporaneamente sospesa fino a nuovo avviso mentre questa corte esamina i documenti delle istanze”, ha stabilito la Corte d’Appello dopo il duro colpo impartito dal tribunale di New York all’agenda del presidente, che aveva bloccato le tariffe reciproche a gran parte del mondo.
La Casa Bianca si prepara alla battaglia legale sui dazi
Uno stop che aveva scatenato la reazione immediata e dura dell’amministrazione: denunciando un “golpe” da parte di “giudici attivisti”, la Casa Bianca si è detta pronta a usare tutti gli strumenti a sua disposizione in nome dell’America First e contro l’”abuso del potere” giudiziario. L’amministrazione Trump starebbe lavorando, ad ogni modo, a un piano B per i dazi.
Secondo quanto riporta il Wall Street Journal. La prima è una soluzione tampone per imporre tariffe su settori dell’economia mondiale in base a una disposizione mai utilizzata prima del Trade Act del 1974, che include una clausola che consente dazi fino al 15% per 150 giorni per affrontare gli squilibri globali. Questo permetterebbe all’amministrazione di guadagnare tempo per elaborare piani ad hoc per ciascun partner commerciale sulla base di una diversa disposizione della stessa legge.
La seconda fase prevede un lungo processo di notifica ritenuto però dall’amministrazione più difendibile dal punto di vista legale e usato già in passato, anche per imporre le tariffe alla Cina durante il primo mandato di Trump.
Le opzioni allo studio erano state considerate già nelle prime settimane dell’amministrazione, ma poi è stato preferito imporre i dazi ricorrendo all’International Emergency Economic Powers Act del 1977, mai usata prima per le tariffe.
Sale la tensione tra Usa e Cina ma si lavora a un colloquio tra i due presidenti
Intanto sale la tensione tra Cina e Usa. “La Cina ha violato il suo accordo con gli Stati Uniti” sui dazi, ha accusato Trump. Poco prima il segretario al Tesoro Scott Bessent aveva ammesso che le trattative commerciali tra Stati Uniti e Cina sono un “po’ in stallo e potrebbero aver bisogno di essere rilanciati con una telefonata” tra Trump e il presidente cinese Xi Jinping.
L’allarme del Fmi e di Bankitalia sulle conseguenze della guerra delle tariffe
Intanto Fmi e Bankitalia lanciano l’allarme sulla guerra commerciale. La corsa ai dazi “potrebbe sottrarre quasi un punto percentuale alla crescita mondiale nell’arco di un biennio” e sta “spingendo l’economia globale su una traiettoria pericolosa” mettendo a rischio già oggi il 5% del commercio globale. Così il governatore di Bankitalia Fabio Panetta.
“I dazi possono creare uno shock dell’offerta nei Paesi che li impongono, come gli Usa, con l’offerta di beni che si riduce ed esercita una pressione sui prezzi al rialzo. Oppure può esserci uno shock della domanda: questa è la situazione per l’Ue” dove “i Paesi si trovano in una posizione più difficile”, ha detto la direttrice del Fmi, Kristalina Georgieva.
In questa bufera suonano alquanto fuori contesto le parole della premier italiana. Sui dazi “non posso dire che si stia perdendo tempo, credo che fra le due sponde dell’Atlantico ci sia un approccio diverso, uno che va più nel dettaglio e uno che punta più a un accordo globale. Credo che si debba favorire una maggiore comprensione. So che c’è da parte dell’Europa, a partire da von der Leyen: c’è stata una telefonata positiva, anche con un ruolo della nostra diplomazia. Si sta andando avanti, le materie sono molte e bisogna capirsi su quante materie si deve trovare un accordo, forse serve più un accordo di cornice”, ha detto Giorgia Meloni.