Dopo aver messo sotto assedio il Campidoglio, adesso l’attacco mediatico si allarga alle società controllate, dove l’onda lunga della corruzione contestata al presidente del Consiglio comunale Marcello De Vito confermerebbe quel “modello Raggi” rivelato giovedì scorso in prima pagina da Repubblica. Proprio il quotidiano appena rianimato dal cambio di direzione ieri ha spedito un avviso all’Acea, rivelando che i carabinieri hanno sequestrato il cellulare e il portatile dell’amministratore delegato Stefano Donnarumma. Circostanza ieri confermata dall’Utility capitolina, che però ha respinto al mittente ogni illazione, a partire dalla preparazione di un grosso affare per il costruttore Parnasi, con il trasferimento della direzione generale dall’attuale immobile di via Ostiense a una nuova sede da costruire insieme al nuovo stadio della Roma.
Tutte falsità, ha replicato senza giri di parole l’ex municipalizzata, precisando che il Consiglio di amministrazione dell’azienda non ha mai esaminato o discusso un qualsivoglia piano, peraltro inesistente, per spostare gli uffici a Tor di Valle, sui terreni di Luca Parnasi. Acea si sottrae così al gioco al massacro che sta pompando su gran parte della stampa nazionale l’idea di una città guidata dai Cinque Stelle corrotti al pari di altri partiti. Pertanto è stata respinta anche la versione di una fantomatica azione di privati per spingere il Cda a favorirli in alcun modo.
“Già una volta Repubblica Roma aveva scritto una simile fandonia – scrive Acea in una nota – e il Gruppo aveva prontamente e seccamente smentito”. Respinta su tutta la linea pure la ricostruzione su una girandola di consulenze e incarichi conferiti su segnalazione di De Vito o chicchessia. “Riguardo agli incarichi per attività di recupero crediti conferiti all’avvocato Camillo Mezzocampo (socio di De Vito, ndr) addirittura a fiumi – continua Acea – questi in realtà non sono significativi né per numero né in riferimento all’ammontare dei crediti complessivi”.
A tal fine la società dei servizi elettrici e idrici di Roma ha sottolineato come l’intera attività giudiziale di recupero crediti del Gruppo è oggi gestita da ben 23 diversi studi legali, ai quali vengono applicate le stesse condizioni generali mediante convenzioni quadro. Inoltre, ha aggiunto la società, è assolutamente falso quanto scritto sempre da Repubblica riguardo la presunta violazione delle linee guida del capo del legale.
Intanto da quello che emerge sul fronte delle indagini pare che i carabinieri abbiano non sequestrato ma semplicemente duplicato i messaggi sul telefonino e Pc di Donnarumma per cercare riscontri su due sponsorizzazioni da 25mila euro ciascuna concesse nel 2017 e 2018 per due concerti. Tali pagamenti, effettuati con la firma dell’amministratore delegato come ovvio in qualunque azienda, erano stati deliberati con atti facilmente riscontrabili a firma dell’allora presidente Luca Lanzalone, rimosso da tale incarico dopo l’arresto e pochi giorni fa definitivamente uscito dall’organo di amministrazione dell’utility romana. Società dove si manifesta la sicurezza di un’immediata estromissione di Donnarumma da qualsiasi attività di accertamento di inquirenti e Procura.