Acque agitate sulla Sea Watch. L’Ue se ne lava le mani e Salvini resta sulla sua posizione: “Ci pensino Olanda e Germania”. Intanto la nave è da 12 giorni bloccata in mare

Da 12 giorni bloccata in mare senza che si sia giunti a una benché minima soluzione. Al largo di Lampedusa con a bordo 43 migranti, la Sea Watch 3 si è rivolta stamattina alla Corte di Strasburgo per chiedere “misure provvisorie” che consentano lo sbarco dei migranti in Italia. La Commissione europea stessa è intervenuta chiedendo agli Stati di “trovare una soluzione” e Matteo Salvini ha ribadito che il porto dell’isola rimane chiuso, invitando Germania e Olanda a farsi carico delle persone a bordo.

A diffondere notizia è stata la stessa Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, che precisa di aver rivolto una serie di domande sia alla ong che al governo italiano. Entrambi dovranno rispondere entro oggi. Nel frattempo a intervenire è stata pure la solerte Commissione di Jean-Claude Juncker che ha lanciato l’ennesimo appello agli Stati dell’Ue: “Pur apprezzando il fatto che l’Italia abbia proceduto all’evacuazione di un numero di persone dalla Sea Watch 3 per ragioni mediche”, la Commissione europea appello “agli Stati membri” per trovare “una soluzione per le persone che sono rimaste a bordo”. Lo ha fatto sapere una portavoce parlando di “imperativo umanitario” e ribadendo che l’esecutivo comunitario “continuerà a fare tutto il possibile, nell’ambito delle nostre competenze, per sostenere e coordinare eventuali sforzi di solidarietà“.

Nonostante i continui appelli, però, Salvini resta sulla sua posizione: “L’Unione Europea vuole risolvere il problema Sea Watch? – domanda su Twitter il ministro dell’Interno – Facile. Nave olandese, ong tedesca: metà immigrati ad Amsterdam, l’altra metà a Berlino. E sequestro della nave pirata. Punto”.

In mattinata a dar uo schiaffo al ministro dell’Interno ci ha pensato la diocesi di Torino che “si è detta disponibile ad accogliere le 43 persone che sono a bordo della Sea Watch al largo di Lampedusa, senza oneri per lo Stato, perché al più presto si possa risolvere una situazione grave e ingiusta“, ha spiegato l’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, al termine della messa per San Giovanni, patrono del capoluogo piemontese. “Siamo pronti. Se il governo e il ministro sono d’accordo li andiamo a prendere e li portiamo su, ma credo sia una disponibilità che potrebbe essere accolta per trovare uno sbocco a questa situazione”, ha concluso Nosiglia. “E’ un appello molto significativo, un modo anche per scuotere le coscienze di tutti”, ha commentato la sindaca di Torino, Chiara Appendino.