Addio all’autonomia della Bce

Di Sergio Patti

C’era una volta l’autonomia della Banca centrale europea. C’era nei trattati e nelle regole inviolabili dietro le quali l’istituto di Francoforte si è sempre trincerato per non far niente mentre mezzo continente affondava e poi per intervenire con poche secchiate d’acqua (l’Economist su questo ha raffigurato bene Mario Draghi) quando ormai l’incendio era divampato furioso e dalla Grecia al Portogallo lo spread fatto salire articiosamente dalla speculazione aveva bruciato miliardi di euro e la mancanza fisica di moneta aveva fatto perdere milioni di posti di lavoro e molte centinaia di vite di poveri disperati. Poi tutto a un tratto scopriamo che l’autonomia dell’Eurotower è una bufala, una storiella per gli allocchi. E proprio quando sembrano smuovere qualcosa non la lungimiranza di Draghi, ma l’oggettiva osservanza delle regole che impongono di intervenire per evitare che l’Unione finisca in deflazione, ecco che la Germania si ricorda di aver sempre considerato la Bce solo un’appendice della Bundesbank e prima col ministro delle Finanze Schauble e poi direttamente con la cancelliera Merkel ha iniziato a dare ordini al board. Nessuno si sogni di fermare quella politica del rigore che ha fatto tanto comodo a Berlino (ora in realtà un po’ meno, ma il governo tedesco non lo capisce) e tanto male a tutti gli altri partner. L’ordine è perentorio. E buona notte all’autonomia della Bce.

Foglia di fico
Posso confermare che c’è stato un colloquio telefonico, come ci sono di tanto in tanto tra il Cancelliere Angela Merkel e il presidente della Bce, Mario Draghi, ha detto ieri nel corso di una conferenza stampa il portavoce del governo tedesco, Steffen Seibert. È stato Draghi a chiamare la Cancelliera, ha aggiunto il portavoce, senza dare conferma di quanto riferiva invece tutta la stampa internazionale, e cioè che la Merkel – indipendentemente da chi abbia composto il numero di telefono – abbia chiesto chiarimenti dopo l’intervento del presidente della Bce a Jackson Hole lo scorso 22 agosto. Secondo Seibert questa versione “non ha nulla a che fare con la verità dei fatti”. C’è da crederci? No che non c’è crederci perchè alla telefonata non abbiamo assistito, ma le parole di Schauble in due diverse interviste ai giornali le abbiamo lette tutti. Ed erano parole in assoluto contrasto con l’autonomia della Bce. Basterebbe questo dunque per dimostrare che la Germania sta infrangendo i trattati e condizionando l’azione dell’istituto al quale tutti i Paesi dell’Unione hanno delegato il potere di emettere moneta e usare la leva monetaria per creare benessere comune (e non solo dei tedeschi).

Visita a Hollande
Per dimostrare che Draghi parla con tutti – e in effetti c’è chi va a trovarlo a casa in elicottero, come ha fatto poche settimane fa il nostro premier – il capo della Bce ieri pomeriggio è stato ricevuto dal presidente francese, Francoise Hollande. Parigi, come è noto, sta cercando di far passare una linea più morbida sui vincoli europei, costretta com’è a sforare anche quest’anno di almeno un punto il tetto che fissa al 3% il rapporto tra deficit pubblico e Pil nazionale. Improbabile dunque che l’Eliseo contesti le infinite promesse di Draghi che dopo oltre due anni di annunci sull’avvio di misure anche non convenzionali (immissione di liquidità, sul modello delle altre bancge centrali) fino ad oggi non ha fatto null’altro che tenere i tassi bassissimi. Un’aspirina di fronte a un malato terminale, perchè la Bce può anche applicare un tasso zero, ma se poi un’impresa va in banca e non ottiene credito (o in Italia se lo ottiene lo paga poi intorno al 10% e anche di più) allora avere i tassi bassi o nulli non cambia veramente niente. I mercati, di fronte a queste ingerenze già ieri hanno iniziato a spaventarsi e le Borse europee hanno chiuso piatte, con Milano come al solito la peggiore (-0,51%). L’ultimo regalo della signora Merkel.