Affari in Africa con lady Descalzi. Per l’Espresso l’Eni avrebbe versato 310 milioni di dollari a una cordata legata alla moglie dell’Ad. Il Gruppo replica: gli acquisti sono oggetto di verifiche. Ad oggi non emerge alcuna non conformità con le procedure aziendali applicabili all’epoca

Il gruppo Eni avrebbe versato ingenti fondi a una cordata di aziende africane di appalti petroliferi

È proprio il caso di dire che per Claudio Descalzi l’Africa è un pezzo di cuore. Infatti, secondo un anticipazione del settimanale l’Espresso, il gruppo Eni colosso dell’energia controllato dallo Stato, di cui Descalzi è amministratore delegato, avrebbe versato oltre 310 milioni di dollari a una cordata di aziende africane di appalti petroliferi che risultano costituite, attraverso un’anonima società di Cipro, dalla signora Marie Madeleine Ingoba Descalzi, cioè sua moglie. E, sempre secondo il settimanale, la donna risulterebbe anche titolare di un conto corrente estero da cui sarebbero usciti oltre 700 mila dollari per comprare prodotti made in Italy a Julienne Sassou Nguesso, figlia del presidente-dittatore del Congo francese. Caso sollevato già lo scorso ottobre dallo stesso giornale. Il nuovo focus arriva grazie ai Paradise Papers, 13,4 milioni di file degli studi legali offshore Appleby e Asiaciti passati da una fonte anonima al quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung e esaminati da 95 testate partner di Icij, consorzio internazionale di giornalisti investigativi di cui fa parte L’Espresso, e sui primi risultati delle indagini internazionali avviate l’anno scorso dalla Procura di Milano, che ipotizza colossali corruzioni dell’Eni in Congo, con presunte mega-tangenti divise tra il regime africano e alcuni manager italiani. Il rapporto tra Ingoba e Nguesso “una segnalazione ufficiale delle autorità anti-riciclaggio del Lussemburgo, fu trasmessa nell’autunno dello scorso anno ai magistrati italiani”.

SULLA VICENDA ENI HA PRECISATO:

“In relazione ai rapporti con i fornitori del gruppo Eni in Congo (ed altre aree nel continente africano) richiamati nell’articolo pubblicato sull’Espresso in data 10 marzo 2019, Eni conferma che gli acquisti di beni e servizi effettivamente completati presso tali società (e le corrispondenti procedure di approvvigionamento) sono oggetto di più ampie verifiche affidate congiuntamente dal Comitato Controllo e Rischi, Collegio Sindacale e Organismo di Vigilanza a consulenti terzi indipendenti.

Tali accertamenti includono tutte (nessuna esclusa) le fasi del processo di fornitura: dalla qualifica ai processi di gara e assegnazione dei contratti, fino alle prestazioni rese.

Le verifiche sono in fase di completamento e hanno evidenziato sino ad ora la sostanziale conformità rispetto alle procedure aziendali all’epoca applicabili, non evidenziando mancanze significative nei relativi processi.

Le verifiche hanno altresì accertato che tali fornitori operavano significativamente anche con altri committenti internazionali.

Per quanto attiene l’indagine in corso (richiamata nell’articolo) Eni riafferma nuovamente la assoluta liceità, correttezza e conformità (emersa anch’essa nelle verifiche di cui sopra) alla normativa applicabile e prassi di settore del proprio operato relativo al rinnovo e gestione delle proprie concessioni estrattive nel Congo.

Eni sottolinea ancora una volta la propria totale estraneità alle vicende del campo “Marine XI” in cui non ha mai avuto alcuna partecipazione”.