Aiuto al suicidio, Cappato è di nuovo indagato a Milano

Marco Cappato è indagato a Milano per aiuto al suicidio. Ha accompagnato a morire in Svizzera un 82enne affetto da una grave forma di Parkinson.

Aiuto al suicidio, Cappato è di nuovo indagato a Milano

Il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, Marco Cappato, è di nuovo indagato per aiuto al suicidio, sulla base della sua autodenuncia presentata sabato scorso.

Marco Cappato è indagato a Milano per aiuto al suicidio. Ha accompagnato a morire in Svizzera un 82enne affetto da una grave forma di Parkinson

Cappato nei giorni scorsi ha accompagnato a morire in Svizzera con suicidio assistito Romano, un 82enne malato di una forma molto grave di Parkinson. Un’altra inchiesta è stata dunque aperta a Milano, sempre coordinata dall’aggiunto Tiziana Siciliano e dal pm Luca Gaglio, a carico di Cappato, già indagato per lo stesso reato in relazione alla morte di una malata terminale di cancro avvenuta la scorsa estate sempre nella clinica Dignitas di Zurigo.

Cappato giovedì scorso ha accompagnato Romano, ex giornalista ed ex pubblicitario (in auto c’era anche la moglie), alla Dignitas con una macchina adibita al trasporto di disabili. L’82enne, affetto da Parkinsonismo atipico, è morto venerdì.

Il giorno dopo Cappato, come aveva già fatto in passato, si è autodenunciato ai carabinieri della Compagnia Duomo di Milano, che hanno inoltrato la denuncia al pool guidato dall’aggiunto Siciliano. Denuncia che ha portato, dunque, in automatico all’iscrizione di Cappato e alla nuova indagine per aiuto al suicidio a suo carico.

Inchiesta che, come quella ancora aperta a Milano per la morte della 69enne veneta Elena Altamira – malata terminale di cancro deceduta nella stessa clinica ad agosto, dove era stata portata da Cappato – vedrà al centro soprattutto un tema giuridico.

A seguito della battaglia del tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni a fianco di Fabiano Antoniani (detto Dj fabo) e grazie alla sentenza 242 della Consulta che ne è scaturita, il suicidio assistito in Italia, infatti, è legale quando il malato che ne fa richiesta è affetto da patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. Ma deve essere anche tenuto in vita artificialmente da trattamenti di sostegno vitale.

E proprio questo quarto ‘paletto’ nei casi di Elena e Romano mancava come condizione. È molto probabile, quindi, che per queste vicende si possa arrivare a dei processi. Intanto, i pm dovranno prima definire le due indagini. Per il caso di Romano, così come per quello di Elena, gli inquirenti dovranno nei prossimi giorni raccogliere le cartelle cliniche, sentire testimoni, tra cui i familiari, e interrogare nuovamente Cappato, già sentito nelle scorse settimane nell’ambito della prima indagine.