Al Congresso della Cgil si rivede l’intesa giallorossa

Prove tecniche di avvicinamento tra il Pd, M5S e Sinistra Italiana. I partiti di opposizione si ritrovano al congresso della Cgil.

Al Congresso della Cgil si rivede l’intesa giallorossa

Al congresso della Cgil si ritrovano i partiti di opposizione. Prove tecniche di avvicinamento tra il Partito democratico di Elly Schlein e il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte e Sinistra Italiana con Nicola Fratoianni. Calenda invece è il solito Calenda.

Prove tecniche di avvicinamento tra il Pd, M5S e Sinistra Italiana. I partiti di opposizione si ritrovano al congresso della Cgil

Al tavolo coordinato dalla giornalista Lucia Annunziata si prova a trovare una sintesi sui temi. Il primo punto è il salario minimo, che già la segretaria del Pd Schlein aveva scelto come tema per affrontare in Aula la presidente Giorgia Meloni e che ieri è stato caldeggiato anche dal segretario della Cgil Maurizio Landini.

“Dal nostro punto di vista – ha detto il leader del sindacato – in un momento in cui sta cambiando tutto, con una crisi di rappresentanza tra i cittadini e la politica, la domanda di fondo è: vogliamo tornare a dare voce e rappresentanza al mondo del lavoro e quali riforme strutturali si vogliono fare per andare in questa direzione?”.

“I salari sono poveri, c’è un livello di precarietà senza precedenti, un sistema fiscale che non regge. Sull’insieme di queste cose l’opposizione cosa vuol fare, è in grado di misurarsi in questa direzione e quale rapporto vuole avere con le organizzazioni sindacali?”, chiede provocatoriamente Landini. Risponde affermativamente Conte ribadendo che “occorre una soglia di salario minimo legale, 21 paesi in Europa hanno dimostrato che una soglia non toglie nulla alla forza della contrattazione collettiva” e chiedendo un “welfare aziendale più ricco” e iniziative per “contrastare la precarietà e per ridurre il tempo di lavoro”.

Il discorso sembra piacere a Schlein che propone come esempio Yolanda Diaz in Spagna “facendo una lunga discussione per limitare i contratti a termine, perché il 62% dei lavoratori più giovani conosce solo questi contratti. La Spagna dimostra che è una discussione che si può fare con le organizzazioni datoriali e sindacali e trovare una via che possa spezzare la precarietà” e dicendosi aperta a modificare la propria proposta pur di trovare un accordo con i 5 Stelle.

Conte, che ha incontrato la Diaz vicepresidente e Ministro del Lavoro del Governo spagnolo, la madre della riforma del lavoro contro il precariato, si dice “molto interessato”. A vederli e sentirli il Partito democratico e il Movimento 5 Stelle sembrano essere tornati a parlarsi e ascoltarsi. Tant’è che Fratoianni, di Alleanza Verdi Sinistra, prova a suggellare il momento: “Dobbiamo fare un grande patto qui davanti – ha detto Fratoianni – di fronte al Paese e non solo davanti ai sindacati. Oggi finalmente guadagniamo una grande convergenza: salario minimo, sanità, scuola, e io aggiungo lotta alla delega fiscale, riduzione dell’orario del lavoro, redistribuzione. Una patrimoniale sulle enormi ricchezze non è una cosa da estremisti. È estremista il lavoro povero. Dobbiamo essere in grado di dire che quello che costruiremo insieme da domani in Parlamento e nel Paese, lo diciamo oggi, ma ce ne ricorderemo anche quando torneremo al governo”.

Lucia Annunziata prova a dare un nome. “Coordinamento anti-Papeete“, dice, senza provocare grandi entusiasmi. Perché è vero che Fratoianni, Conte e Schlein ieri hanno assunto l’impegno di organizzare finalmente contro questa destra ma nessuno ha voglia per ora di fissare alleanze in una foto.Anche perché tra gli invitati spicca il solito Calenda che apre il suo intervento chiarendo: “Potrei governare con le persone che sono qui? No, perché non condivido con loro la politica estera: per me l’Ucraina va sostenuta e la Russia sconfitta militarmente”.

La distanza non è solo sull’Ucraina. Calenda elogia il Jobs Act, che a quella tavola rotonda non piace a nessuno, e ci tiene a ribadire il suo no a una patrimoniale. Il suo intervento raccoglie qualche timido applauso – pochi – e Conte lo stuzzica: “A me non preoccupa che Carlo prenda voti alla destra, mi preoccupa quando insieme al suo amico Renzi vota con la destra”.

Calenda rimedia fischi

La sala esplode in un applauso e il leader del cosiddetto Terzo polo si esibisce nell’arte che gli riesce meglio: offendere i suoi potenziali elettori. “No, no, scusate a me va bene tutto, – sbotta Calenda – voi potete applaudire. Però uno di voi mi dice quando ho votato con la destra? Sulla guerra? Eh ma allora ho votato anche col Pd. E allora, invece di fare i pecoroni, ragionate prima di applaudire. Noi con la destra non abbiamo mai votato”. Si prende, ovviamente, altri fischi.

Uno schema di opposizione chiaro si delinea, ne fanno parte quelli seduti a quel tavolo e Calenda se n’è chiamato fuori. Sulle eventuali alleanze di governo Conte è cauto: “Sono discorsi astratti governerebbe con questo o quello, partiamo da questi 4 grandi patti” su lavoro sanità scuola e disuguaglianze e “cerchiamo di costruire contenuti che ci possano dare un orizzonte di marcia comune e poi di lì si vedrà se c’è un perimetro”. “Ho amato questo confronto, diamoci un appuntamento, chiudiamoci in una stanza per trovare qualcosa da fare insieme e per essere più efficaci come opposizione”, dice Schlein. “Siamo già in ritardo”, aggiunge Fratoianni. Forse all’orizzonte si muove qualcosa.