Al Senato passa la carica dei 100

Di Lapo Mazzei

Certo, l’apertura di credito fatta ieri dal governo alle opposizioni in materia di firme per i referendum e regole per l’elezione del capo dello Stato non sarà rubricata come la caduta del muro di Berlino. Di sicuro la manina tesa della ministra Maria Elena Boschi in particolare a Sel assomiglia tanto ad una crepa nel muro. E un po’ come se ad un carcerato, riottoso e rivoltoso, fosse stato allungato un gustoso salmone attraverso le sbarre della cella. Puoi dire di no? Ecco, il partito di Nichi Vendola, più che la Lega o il Movimento 5 Stelle, aspettava solo la pietanza giusta. E a pancia piena far cadere un muro, quale è quello alzato dalle opposizioni rispetto alla Riforma del Senato, è molto più facile. Dunque la modica della camera alta del parlamento ha finalmente imboccato quel piano inclinato che porta dritto al traguardo? I sassi sono stati rimossi? Via libera senza intoppi già la prossima settimana? Forse. O forse no. Però si accettano scommesse e gli indizi per la puntata migliore stanno nella cronaca della giornata di ieri.

La giornata
Tutto ha avuto inizio all’ora di pranzo quando il premier Matteo Renzi ha chiesto ai capigruppo della maggioranza, riuniti a Palazzo Chigi, una dead line per l’approvazione dell’articolo 2 delle riforme, cuore del Ddl insieme all’articolo 1. “Andiamo avanti fino a stanotte (ieri notte, ndr) ma chiudiamolo”. Alla fine, non si è dovuta attendere la notte per il via libera. Alle 19 circa di ieri sera è arrivato l’ok. Complice la decisione di M5S e Lega di non partecipare ai lavori d’aula. Niente ostruzionismi, niente rallentamenti. Sel invece è rimasta in aula. La giornata di ieri, infatti, ha fatto registrare una possibile svolta nei rapporti tra il partito di Nichi Vendola e il Pd, dopo le tensioni dei giorni scorsi. Una svolta che incrina il fronte delle opposizioni e rischia di sgretolare il muro di Palazzo Madama. “Io sono molto soddisfatto da questo clima si dialogo di queste ultime ore”, ha detto Renzi, “apprezziamo il tono di alcune opposizioni”. Un disgelo avviato ufficialmente dall’apertura del ministro Maria Elena Boschi, in aula a palazzo Madama, a discutere possibili modifiche dal numero di firme per il referendum alla platea per l’elezione del presidente della Repubblica. Ma non solo. Nel “pacchetto” rientra anche la richiesta di un “riequilibrio delle garanzie costituzionali per quanto riguarda l’Italicum”. Insomma, mediazione e apertura alle richieste dei ribelli. Renzi cede qualcosa, era inevitabile, e Sel porta a casa un premio di consolazione. Punti sui quali, però, il governo ha chiesto 48 ore di riflessione. Se l’esito sarà positivo, Sel dovrebbe ritirare i suoi emendamenti e il via libera al provvedimento diventerebbe a portata di mano.

Lo sbocco
Renzi, dunque, vede il traguardo: “Siamo fiduciosi che la prima lettura possa essere completata la settimana prossima”. La politica è tornata a fare il suo mestiere? Le diplomazie sotterranee hanno lavorato bene? Più la seconda che la prima, dato che Renzi ha capito che il braccio di ferro ingaggiato con Sel non portava da nessuna parte. Con la Lega e i grillini il conto era e resta aperto. Ma tutto ciò fa parte del cosiddetto danno collaterale. Dunque calcolato e accettabile. Ma al di là di come si stanno muovendo le pedine sulla scacchiera il dato oggettivo è il risultato portato a casa ieri dall’esecutivo. Il Senato dei 100, infatti, è in cassaforte e l’elezione diretta dei senatori definitivamente archiviata. Con l’approvazione dell’articolo 2 del ddl Riforme, il disegno del governo di Matteo Renzi per il futuro di Palazzo Madama comincia a delinearsi nelle sue linee principali, a partire dall’elezione di secondo grado dei membri del Senato e dalla trasformazione di quest’ultimo in una Camera rappresentativa delle Regioni. L’articolo 2 prevede un Senato di cento senatori: 95 rappresentativi delle istituzioni territoriali e cinque che potranno essere nominati dal presidente della Repubblica. E’questo il cuore della riforma voluta da Renzi e dal ministro Boschi: l’elettività di secondo grado dei senatori. Tutto il resto fa parte della coreografia