Amnesty International dice le parole che Giorgia Meloni dovrebbe pronunciare, se l’Italia fosse ancora un Paese capace di difendere il diritto internazionale. Davanti alle sanzioni annunciate dagli Stati Uniti contro Francesca Albanese, relatrice speciale ONU sui territori palestinesi occupati, la segretaria generale Agnes Callamard è netta: «Sono un’aggressione al diritto internazionale», «una strategia per proteggere il governo israeliano da ogni responsabilità», «un atto intimidatorio che prosegue l’attacco dell’amministrazione Trump contro chi difende i diritti dei palestinesi». Erika Guevara Rosas, direttrice Amnesty per le Americhe, ha definito le sanzioni «un oltraggio alla giustizia internazionale». Parole che andrebbero scolpite nei comunicati ufficiali della Farnesina. E invece, il silenzio.
Nessuna dichiarazione del ministro degli Esteri. Nessun accenno alla gravità di un atto che colpisce non solo una cittadina italiana, ma l’idea stessa di diritto sovranazionale. Il segretario di Stato Marco Rubio ha accusato Albanese di «guerra politica ed economica» per aver suggerito un’azione della Corte penale internazionale contro Stati Uniti e Israele. L’ha punita per aver fatto il proprio mestiere, con rigore giuridico e coerenza istituzionale.
Nel rapporto che ha preceduto le sanzioni, Albanese ha documentato il coinvolgimento diretto di alcune multinazionali americane nella repressione ai danni dei palestinesi. Ma mentre Amnesty alza la voce, l’Italia scompare. Se un governo non sa difendere i suoi cittadini quando servono la verità, allora non rappresenta una nazione, ma un’assenza.