Allarme contratti pirata: ai lavoratori e allo Stato costano 1,5 miliardi, ma il governo boicotta il salario minimo

Allarme contratti pirata nel terziario e nel turismo, ai lavoratori e allo Stato costano quasi 1,5 miliardi.

Allarme contratti pirata: ai lavoratori e allo Stato costano 1,5 miliardi, ma il governo boicotta il salario minimo

A confermarlo, ora, arriva un dato. Ma non serviva il sondaggio di Ipsos per Confesercenti per capire quanto sia vasto il problema dei contratti pirata. Eppure il governo continua a negarlo, sostenendo che il salario minimo non serve perché i contratti pirata sono pochi e le paghe sono sufficienti. Ma l’analisi presentata all’assemblea annuale di Confesercenti evidenzia quanto i contratti pirata siano un problema nel settore del terziario e del turismo, causando perdite per i lavoratori (con salari più bassi e meno tutele) ma anche per le casse dello Stato.

Ogni lavoratore in dumping porta, secondo le stime, a oltre 8.200 euro di minori vantaggi. Parliamo di quasi 1,5 miliardi di euro sottratti ogni anno al sistema economico, con un impatto anche per lo Stato attraverso un minor gettito Irpef stimato in oltre 300 milioni di euro. Il minor gettito contributivo è invece stimato in quasi 450 milioni.

Allarme contratti pirata, ci rimettono i lavoratori e pure lo Stato

C’è un dato che dà un’idea sul tema per il settore del terziario e del turismo: al 30 giugno i contratti registrati al Cnel sono 210, ma solo 10 sono stati siglati da Cgil, Cisl e Uil. Altri 200 sono considerati a minore tutela, coinvolgendo tra i 160mila e i 180mila lavoratori dipendenti. Una stima considerata “conservativa”. Ogni lavoratore perde, rispetto ai due contratti del settore siglati da Confesercenti, il 26,5% della retribuzione, ma anche 1.150 euro di componenti contrattuali non retributive come ferie e permessi, mille euro di prestazioni sanitarie e 900 di prestazioni sociali e di welfare.

C’è poi un altro aspetto, sottolineato dal presidente di Confesercenti, Nico Gronchi, riguardante la “povertà del lavoro”. Perché, a fronte di un’occupazione da record, si registra una perdita del reddito medio di circa 4mila euro l’anno rispetto al 2007. Con circa 1.200 euro in meno per i dipendenti e 9.800 in meno per autonomi e professionisti.

Desertificazione commerciale

All’emergenza salariale si affianca anche quella relativa al commercio, con la desertificazione che avanza, soprattutto nei piccoli centri. Nell’ultimo anno hanno chiuso 21.700 imprese nel commercio al dettaglio, l’alloggio e la ristorazione. Nel 2025, in Italia, 1.113 comuni (uno su otto) sono rimasti senza neanche un’impresa del commercio alimentare, lasciando scoperti quasi 650mila residenti. Altri 535 comuni sono senza supermercati, ipermercati e grandi magazzini. E tra il 2014 e il 2024 oltre 26 milioni di residenti hanno visto sparire una o più attività commerciali di base nel proprio comune. E va ancora peggio agli esercizi specializzati in articoli culturali e ricreativi, assenti in oltre 3.200 comuni.