La crisi della montagna, tra frane ed eventi estremi: il VI report Carovana dei Ghiacciai di Legambiente

Frane, ghiacciai in ritirata ed eventi meteo in crescita: il 2025 mostra un arco alpino fragile mentre la politica resta indietro

La crisi della montagna, tra frane ed eventi estremi: il VI report Carovana dei Ghiacciai di Legambiente

La montagna si muove anche quando sembra immobile. Lo sanno bene i tecnici che da mesi registrano scricchiolii, cedimenti, colate improvvise. Nel 2025 le Alpi hanno mostrato il loro volto più vulnerabile: quaranta frane documentate in alta quota e centocinquantaquattro eventi meteo estremi tra allagamenti, vento, esondazioni e piogge torrenziali. È l’immagine di un arco alpino che cambia più in fretta di quanto le comunità riescano a raccontare.

L’estate che ha rotto gli equilibri

Il VI report Carovana dei ghiacciai di Legambiente, presentato a Torino, mette in fila numeri che somigliano a un referto clinico. La stagione estiva è stata il punto di rottura, con un crescendo di crolli di roccia e colate detritiche: dieci eventi in giugno, diciotto in agosto. Veneto e Valle d’Aosta guidano la mappa del dissesto, mentre il lungo periodo restituisce un quadro più ampio: dal 2018 al 2025 sono state registrate 671 frane principali nelle regioni alpine. Una montagna che perde coesione, centimetro dopo centimetro.

E mentre i versanti cedono, l’atmosfera accelera. L’Osservatorio Città Clima conta 154 eventi estremi nei primi undici mesi del 2025: Lombardia la più colpita, seguita da Veneto, Piemonte e Liguria. Gli studiosi dell’Università di Losanna e Padova avvertono che un aumento di due gradi potrebbe raddoppiare la frequenza di questi fenomeni. È il tipo di previsione che resta nei report finché l’estate non arriva a confermare quanto basti un temporale per spezzare una strada, allagare un torrente, isolare un paese.

Le ferite del 2025 e il futuro che incombe

Il 2025 ha avuto i suoi luoghi-simbolo. La valanga di roccia e ghiaccio che a maggio ha colpito Blatten, in Svizzera, dopo il collasso del ghiacciaio di Birch, è rimasta come una cicatrice incisa sul versante. Più a sud, le quattordici colate detritiche che hanno ripetutamente interrotto la statale 51 di Alemagna tra giugno e agosto hanno riportato al centro la fragilità dell’infrastruttura che dovrebbe servire le Olimpiadi di Milano-Cortina. E tutto questo mentre l’Aletsch, il più grande ghiacciaio europeo, arretra in media di 40 metri l’anno e l’Adamello-Mandrone continua a perdere superficie.

Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente, definisce le Alpi «una delle sentinelle più importanti della crisi climatica», un territorio dove occorrono politiche di adattamento e monitoraggi costanti. Per Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi, il modello svizzero dimostra che un’analisi preventiva dei rischi può salvare vite e infrastrutture. La Fondazione Glaciologica Italiana insiste sulla velocità del fenomeno: sulle Alpi il riscaldamento procede a un ritmo doppio rispetto alla media globale.

Se si guarda oltre le singole emergenze, la cartografia del rischio restituisce una montagna abitata: oltre 239mila frane censite nelle regioni alpine e più di 276mila persone che vivono in aree esposte. Strade, scuole, impianti sciistici, centrali idroelettriche rientrano in questo perimetro mobile, in cui ogni evento estremo costringe a chiudere, deviare, ricostruire. La stessa Carovana dei ghiacciai, in sei tappe tra Svizzera, Italia e Germania, è diventata un laboratorio a cielo aperto di questa trasformazione accelerata, con i glaciologi a misurare arretramenti e i sindaci a fare i conti con ciò che non torna più come prima.

Un catasto di ghiacciai

La montagna, oggi, chiede tempo e strumenti. Un catasto dei ghiacciai aggiornato, una rete di monitoraggio capillare, strategie di mitigazione e adattamento: le richieste delle associazioni sono la base minima per evitare che ogni estate si trasformi in un test di resistenza collettivo.

Intanto, mentre i dati si accumulano, si prova a raccontare ciò che si sta perdendo. Il podcast Dove il ghiaccio scompare ripercorre le tappe della Carovana dei ghiacciai: sei puntate per seguire la ritirata dell’alta quota, come un diario sonoro del cambiamento, con le voci dei ricercatori e delle comunità che vivono accanto ai ghiacciai.

La montagna non usa parole gonfie. Racconta con rumori secchi, con il boato di una parete che cede, con la pioggia che scava il terreno. La tensione è nel paesaggio che cambia, giorno dopo giorno, e nelle scelte che la politica continua a rimandare.