Altro che “Buona Scuola”

di Antonio Acerbis

Per quasi otto milioni di studenti è suonata la campanella. Ieri, in 14 regioni italiane, le scuole hanno riaperto i battenti. Ad attenderli, come ogni anno, lezioni, compiti e le fatidiche interrogazioni. E, molto probabilmente, anche i problemi di sempre.

UN’INFORNATA INUTILE
Eppure, si dirà, soltanto pochi giorni fa il presidente del Consiglio Matteo Renzi aveva annunciato in pompa magna l’assunzione, tra insegnanti, dirigenti e personale ATA, di 30mila nuove unità. Una notiziona per tanti. Il punto, invece, è proprio questo: è davvero qui che risiede il problema del sistema scolastico italiano? A quanto serve, nei fatti, quest’infornata? Secondo il rapporto pubblicato proprio in questi giorni dall’Ocse sul mondo scolastico, a nulla. Il nostro Paese, infatti, registra già uno dei più alti rapporti insegnanti/allievi: 1 ogni 12, mentre la media Ocse è di 1 a 15.
L’assurdo, dunque: mentre Renzi rilancia il suo programma di assunzione che dovrà arrivare – questo l’obiettivo – ad immettere nel mondo della scuola qualcosa come 150mila nuovi docenti entro settembre 2015, l’Ocse consiglia di ridurre ulteriormente il numero di insegnanti perché ancora troppo elevato.

GUERRA TRA POVERI
Eppure Renzi è deciso sulla sua strada: bisogna assorbire i precari. Una scelta, questa, che non convince le stesse organizzazioni di settore che già hanno organizzato manifestazioni di protesta sotto Montecitorio: non solo infatti i tempi potrebbero essere biblici ma, soprattutto, non tutti verranno inclusi nel computo governativo. Da quanto si evince dalle linee guida del piano “Buona Scuola”, le immissioni saranno riservate solo alle Gae (graduatorie ad esaurimento). Cosa vuol dire? Semplice: dopo tanta insistenza negli anni passati sul Tfa (Tirocinio Formativo Attivo), i docenti abilitati da tali corsi rimarranno incredibilmente esclusi. Insomma, una marea di persone illuse ed ora scaricate dal governo. Senza dimenticare quanto costerà tale manovra. Considerando che l’obiettivo (utopistico) è quello di arrivare ad un totale di 150mila nuovi insegnanti entro settembre 2015, la spesa totale necessaria potrebbe essere di circa 3 miliardi di euro.

UNA BOCCIATURA SOCIAL
Non è un caso, allora, che da un’indagine di Voices from the Blogs, l’Osservatorio scientifico sui social media dell’Università Statale di Milano, la riforma della scuola esce malconcia dal mondo web: i giudizi negativi ammontano al 72,4% del totale, mentre i pareri positivi si fermano al 13,9%. Per il 26,2% la riforma è iniqua, perché premia alcuni penalizzando ingiustamente altri; per il 17,2% è contraddittoria, perché fatica a mandare in pensione alcune categorie di insegnanti.

SCUOLE A PEZZI
I veri problemi, dunque, restano. A cominciare dalle aule fatiscenti. Secondo l’ultimo rapporto di Legambiente, emerge che il 62% delle strutture sono costruite prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica e il 38,4% si torva in zone a rischio sismico. La “Buona Scuola”, insomma, per ora è solo a parole.