Altro che cooperazione. I fondi usati per l’accoglienza. Con i budget si sostengono i migranti in arrivo

Non c’è trasparenza sull’utilizzo di fondi pubblici destinati alla cooperazione internazionale per lo sviluppo e la gestione del fenomeno migratorio

Non c’è trasparenza sull’utilizzo di fondi pubblici destinati alla cooperazione internazionale per lo sviluppo e la gestione del fenomeno migratorio. Una fotografia allarmante quella scattata dalla seconda edizione di Cooperazione Italia, il rapporto realizzato da Openpolis e Oxfam, relativo all’analisi del budget destinato a gestire l’emergenza migranti. Cifre sempre più grandi quelle che emergono. Anche se resta molta opacità circa l’impiego delle risorse, visto che non è chiaro cosa effettivamente vanno a finanziare. Nel mirino sono finite le risorse ufficialmente destinate alla cooperazione. Quelle che dovrebbero essere trasferite dai Paesi ricchi a quelli non sufficientemente sviluppati. Perché una quota, ogni anno crescente, di aiuto pubblico allo sviluppo (aps) rimane nei Paesi ricchi dove viene utilizzata per gestire rifugiati e richiedenti asilo. Anziché finire nei Paesi poveri per promuovere lo sviluppo. Openpolis ed Oxfam hanno dovuto incrociare due capitoli di spesa pubblica: le risorse previste per gli aiuti pubblici allo sviluppo e le stime fornite nel Def 2017 per la gestione all’intero fenomeno migratorio. Una cifra che si aggira intorno ai 6,6 miliardi di euro spesi nel 2016 tra cooperazione e gestione migranti che ha fatto registrare un +72% in solo cinque anni.  “È necessario essere trasparenti”, ha sottolineato Francesco Petrelli, senoir policy advisor di Oxfam Italia, “se da un lato è giustificabile l’allocazione in quota assistenza per lo sviluppo nei Paesi donatori come ad esempio il salvataggio in mare, non è corretta invece l’imputazione di spese per l’accoglienza o l’integrazione dei migranti che è giusto che afferiscano ad altri capitoli del bilancio statale”. Per l’anno 2016 l’Italia ha messo sul piatto 4 miliardi e 476 milioni per quanto riguarda gli aiuti pubblici allo sviluppo (+13% rispetto all’anno precedente) di cui meno della metà assegnati direttamente ai governi dei Paesi riceventi gli aiuti. L’aumento di fondi aps è dovuto alla crescita delle spese sostenute per l’accoglienza dei rifugiati all’interno del nostro Paese. Così facendo, e questo è anche in generale il trend di altri Paesi europei, le risorse per la cooperazione allo sviluppo nei Paesi poveri raggiungono sempre meno l’obiettivo per cui sono stati stanziati. Il raporto evidenzia che il 37% dell’aps totale italiano è “aiuto gonfiato”, cioè costituito da risorse che non finanziano progetti di cooperazione in senso stretto.

Sos Africa – Capitolo a parte per il fondo Africa dotato per il 2017 di 200 milioni di euro. Un caso particolare visto che prevede allo stesso tempo cooperazione, controllo delle frontiere e aspetti militari. Di questi sono stati rendicontati solo 143 milioni di euro e comprendono anche interventi militari. Chi riceve più risorse è il Niger (48%), seguito dalla Libia (29%). Anche in questo caso sono pochissimi i fondi destinati allo sviluppo. La maggior parte servono, infatti, a controllare le frontiere e alla gestione dei migranti.