Altro che partito di Sinistra. Il Pd di Letta è scivolato al Centro. Si avvicinano le elezioni e si rivede un film già visto

Si avvicinano le elezioni e si rivede un film già visto. Con la scusa del populismo Letta guarda a Renzi e Calenda.

Qualche giorno fa è stato Gori a lanciare il sasso pubblicamente, chiedendo a gran voce in un intervento sull’Huffington Post che il Partito democratico si assumesse la responsabilità di sostenere Mario Draghi anche per le prossime elezioni politiche e tagliando fuori, di fatto, il Movimento 5 Stelle e un pezzo di sinistra dal possibile “campo largo” di cui Enrico Letta parla da tempo.

Si avvicinano le elezioni e si rivede un film già visto. Con la scusa del populismo Letta guarda a Renzi e Calenda

Qualcuno strumentalmente utilizza M5S e Sinistra Italiana e i bersaniani come clave, raccontando ogni volta di qualche “insormontabile differenza” che dovrebbe far desistere il segretario dal cercare alleanze con loro. Non è difficile ritrovare in giro i cantori (e certi quotidiani) che sul divorzio tra Conte e Letta hanno investito gli ultimi anni delle menti più fini tra i loro editorialisti, in una continua litania che scongiura il Pd di mollare i grillini.

È piuttosto curioso, questo bisogna dirlo, notare che i grandi consiglieri esterni di Letta siano persone che di professione sparano contro il Pd a palle incatenate e votano (o addirittura militano) in altri partiti. Ma anche questa è una costante: se Matteo Renzi e Carlo Calenda si sono presi la briga di fondare partiti di centro-centro (se non addirittura di centro-destra) solo per togliersi lo sfizio di insegnare al Pd come si dovrebbe stare a sinistra significa che il dadaismo politico ormai ha raggiunto livelli di magnificenza inimmaginabile.

I temi sono sempre gli stessi. Bisbigliano l’orecchio di Letta, ad esempio, che dovrebbe mollare il M5S e gli altri per arginare il populismo. Badate bene: gli alfieri dell’anti-populismo sono quelli che da anni sbraitano dati falsi sul Reddito di cittadinanza e sull’occupazione in Italia, sono gli stessi che sbolognano il problema della disoccupazione in Italia cianciando di una certa indolenza che non ha riscontro da nessuna parte, sono gli stessi che accusano i poveri di essere poveri perché troppo sfigati secondo la peggiore retorica dei Briatori di turno. Populisti e mistificatori di natura.

Ora ci si è messa anche la guerra e, com’era prevedibile, il giochetto è diventato perfino più facile: “come possiamo stare insieme a chi indebolisce l’azione del governo?”, sussurrano nei corridoi del Pd. E a nessuno che venga in mente che in un governo che tiene dentro Bersani fino alla Lega di Salvini il fatto che si abbiano idee diverse sia il salutare segnale di un’attività cerebrale e politica ancora esistente.

Letta abbozza: “Non sono minimamente infastidito, siamo in una fase di dibattito ed è naturale che ci siano posizioni con sfumature diverse o anche posizioni più marcatamente diverse”, dice riferendosi alle diverse posizioni sul conflitto ma il segretario dem e Conte non si vedono più insieme: non lo erano al congresso di Demos e nemmeno alla Cernobbio del Sud.

La sensazione però è che i partiti degli altri c’entrino poco. Come sempre, prima delle elezioni politiche, nel Pd (malamente miscelato in laboratorio fin dalla sua nascita) s’ode un invigorirsi delle correnti che vogliono solo una cosa: il centro, il grande centro. Quel fastidioso profumo di sinistra che ancora non sono riusciti a annacquare del tutto è il vero grande nemico.

Sognano di tenersi il marchio di centrosinistra senza doverci avere a che fare, insomma, e sognano di annacquarsi in un brodino dove la preservazione del potere possa accadere senza nemmeno il fastidio di dover prendere una decisione. Sembra una crisi con gli alleati e invece è la solita, sempre la stessa, crisi di identità.