Altro che profili graditi. Renzi teme Padoan e Delrio. Il titolare del Tesoro vicino a D’Alema e Letta

Altro che profili graditi. Renzi teme Padoan e Delrio. Il titolare del Tesoro vicino a D’Alema e Letta. Dubbi pure sull’amico dei tempi d’oro all’Anci.

Molti continuano a ritenerlo uno dei candidati più papabili alla successione di Matteo Renzi. Ma siamo sicuri che il nome di Pier Carlo Padoan, laddove finisse sulla scrivania di Sergio Mattarella, susciterebbe un’adesione totale da parte del presidente del consiglio uscente? Qualcuno, all’interno dei vari palazzi, comincia a chiederselo. Eh sì, perché Padoan è diventato ministro dell’economia del Governo Renzi come tecnico “esterno” al giglio magico, garante soprattutto delle mosse italiane davanti alle temute burocrazie europee. Il suo profilo, da questo punto di vista, è stato “digerito” dall’allora Rottamatore. Del resto Padoan ha alle sue spalle percorsi che lo riconducono ad ambienti che con Renzi non hanno nulla a che fare. Consigliere economico nel 1998 del Massimo D’Alema premier, è stato anche direttore della dalemiana fondazione Italianieuropei, del cui advisory board fa parte ancora oggi.

Il percorso – Dopodiché le esperienze di vertice al Fmi e all’Osce lo hanno proiettato nei grandi consessi internazionali. Ma tornato a Roma, perché chiamato a far parte del Governo Renzi, ha immediatamente scelto assetti molto lontani dai desiderata del giglio magico. Anzi, forse anche invisi all’entourage dell’ex sindaco di Firenze. Per dire, al Tesoro capo di gabinetto di Padoan è Roberto Garofoli, che prima era stato segretario generale di palazzo Chigi con Enrico Letta premier (quello dell’#enricostaisereno). E anche il capo della sua segreteria tecnica, Fabrizio Pagani, viene da Letta, del quale era stato consigliere economico. Insomma, a via XX Settembre i più stretti collaboratori di Padoan, molto vicini a Letta, in questi due anni non sono certo stati in cima alle simpatie del giglio magico. Di più, perché non tutti ricordano che nel dicembre del 2013, poco prima della caduta del suo Governo, lo stesso Letta scelse Padoan come presidente dell’Istat (insediamento che però non si è mai perfezionato). Che il feeling di Renzi per Padoan non possa certo essere catalogato come idillio è dimostrato anche dalla costituzione a palazzo Chigi di un gabinetto economico, in tempi recenti affidato alle cure del sottosegretario Tommaso Nannicini, che spesso è apparso come un argine al perimetro d’azione di via XX Settembre. Per questo Mattarella potrà anche valutare il nome di Padoan, ma non è così scontato che Renzi lo saluti facendo salti di gioia. Stesso discorso per un altro papabile, Graziano Delrio. E’ vero che qui parliamo di un ex sindaco che ha avuto modo di entrare in sintonia con Renzi ai tempi dell’Anci. Ma è altrettanto vero che Delrio, ex Ppi e poi Margherita, è stato anche ministro dei rapporti con il parlamento sempre del Governo Letta. E poi, imbarcato da Renzi come sottosegretario alla presidenza del consiglio, è stato successivamente dirottato al ministero delle infrastrutture. Un classico esempio di “promoveatur ut amoveatur”, dissero all’epoca i maliziosi, alludendo a come Renzi tenda a stroncare tutti quelli che minacciano di oscurarlo. Anche Delrio, quindi, potrebbe non essere il massimo per Renzi, che come segretario del Pd sarebbe comunque chiamato a dare un’indicazione.

La risalita – Per questo, secondo alcuni osservatori, alla fine potrebbe avere buone chance di successo un altro profilo, quello del ministro degli esteri Paolo Gentiloni, le cui quotazioni in vista di un arrivo a palazzo Chigi ieri erano date in ascesa. Sullo sfondo continua a farsi il nome di Dario Franceschini, ministro del Beni culturali, altro ex Margherita, per il quale però qualcuno preferisce suggerire il ruolo di grande tessitore delle scelte che verranno fatte da Mattarella, soprattutto grazie alla sua capacità di incidere sul parlamento. Così come sullo sfondo viene mantenuto il profilo del presidente del Senato, Pietro Grasso, che sarebbe una classica scelta di garanzia. Di sicuro per Mattarella non sarà semplicissimo dipanare la matassa. Il tutto dipenderà molto dal ruolo che Renzi vorrà riservare a se stesso e al futuro presidente del consiglio.

Tw: @SSansonetti