“Il governo si sta adoperando non per riordinare la materia, ma per cancellare i diritti che abbiamo conquistato a colpi di disobbedienze civili”. Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, boccia il disegno di legge sul fine vita presentato dalla maggioranza. Ma è fiducioso perché l’esecutivo “si è reso conto che la strategia del boicottaggio delle regole stabilite dalla Corte costituzionale non funziona più, che le persone stanno cominciando ad ottenere il rispetto dei loro diritti e che le Regioni cominciano a muoversi”.
Laura Santi è stata la prima cittadina umbra, e la nona persona in Italia, a ottenere il via libera per l’accesso alla morte volontaria assistita. Cappato, a che punto è in Italia il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione?
“In Italia c’è il diritto alle cure palliative, il diritto all’interruzione delle terapie (anche vitali, e anche attraverso testamento biologico). E’ depenalizzato anche l’aiuto alla morte volontaria sotto forma di autosomministrazione del farmaco letale (cosiddetto ‘suicidio assistito’) per tutte le persone che siano al tempo stesso: lucide e consapevoli, con patologia irreversibile che provoca sofferenze fisiche o psichiche insopportabili e che siano tenute in vita da trattamenti di sostegno vitale. La responsabilità di verificare le condizioni della persona e le modalità di attuazione dell’aiuto è stata attribuita dalla Corte costituzionale al Servizio sanitario nazionale”.
Sul caso Santi c’è la possibilità che la Procura di Perugia apra un’indagine per chiarire come sono andati i fatti?
“Laura Santi ha dovuto battersi tre anni dentro e fuori dai tribunali, con a fianco Filomena Gallo e l’associazione Luca Coscioni, per poter ottenere il rispetto del diritto a interrompere la propria sofferenza. Se la Procura vorrà chiarire i fatti, potrà riscontrare direttamente la correttezza di ogni atto compiuto”.
A proposito di giustizia, lei risulta indagato per reato di aiuto al suicidio. A che punto l’iter processuale e come lo sta affrontando?
“Siamo stati rinviati a giudizio, insieme a Chiara Lalli e Felicetta Maltese, per l’aiuto fornito a Massimiliano per andare in Svizzera. Il processo però non è ancora iniziato, a due anni dai fatti, perché è stato spostato da Firenze a Como. Siamo in 13 persone indagate in altri quattro procedimenti, che però sono ancora in fase di indagine. Siamo 30 persone ‘associate’ nell’organizzazione che fornisce questo tipo di aiuto”.
La Toscana è la prima regione italiana con un iter regolamentato per l’accesso al fine vita, mentre altre regioni hanno deciso di fare una propria legge. Le sembra la strada giusta?
“E’ la strada che abbiamo individuato noi come Associazione Luca Coscioni per ottenere certezza di tempi e modalità nell’attuazione dell’’aiuto al suicidio’. Abbiamo proposto la legge a tutte le Regioni, e la Toscana è stata la prima ad approvarla. Spero ne seguano altre. Le leggi regionali non modificano (non potrebbero farlo!) le regole nazionali su chi ha diritto a essere aiutato, ma danno certezze ai malati e ai medici sul come le regole nazionali devono essere attuate nella gestione del sistema sanitario, che è di piena competenza regionale. Una legge nazionale servirebbe per estendere i diritti, come fa la nostra legge di iniziativa popolare ‘Eutanasia legale’”.
A livello nazionale, c’è una reale volontà politica di legiferare e colmare i vuoti normativi oppure da parte del governo c’è solo il tentativo di prendere tempo e non decidere?
“Peggio. Il governo si è reso conto che la strategia del boicottaggio delle regole stabilite dalla Corte costituzionale non funziona più, che le persone stanno cominciando ad ottenere il rispetto dei loro diritti e che le Regioni cominciano a muoversi”.
Cosa pensa del ddl sul fine vita presentato dalla maggioranza a firma Zanetti (FI) e Zullo (FdI)? Non sarebbe un modo di frenare l’ordine sparso delle sentenze e scelte regionali?
“Il governo si sta adoperando non per riordinare la materia, ma per cancellare i diritti che abbiamo conquistato a colpi di disobbedienze civili. La proposta del governo prevede la creazione di un Comitato etico nazionale di nomina governativa che centralizzi le risposte alle richieste di aiuto alla morte volontaria, tagliando così fuori i Comitati etici territoriali ed estromettendo il Servizio sanitario nazionale e le Regioni. Anche i criteri per accedere all’aiuto alla morte volontaria diventerebbero più restrittivi, rendendo obbligatorio l’inserimento in un percorso di cure palliative e ammettendo solo le persone dipendenti da trattamenti sostitutivi di funzioni vitali”.
Cappato, se e cosa manca oggi al nostro Paese per compiere questo passo in avanti in termini di civiltà?
“Una classe dirigente capace di capire la nuova realtà sociale causata dal progresso medico-scientifico. La tecnologia deve restare al servizio della persona che soffre, senza imporre una sopravvivenza tecnicamente possibile ma in condizioni che per il malato possono essere insopportabili”