La Sveglia

Altro che Trump, il Nobel per la pace datelo a Francesca Albanese

Di fronte a chi arma il genocidio e zittisce chi lo denuncia, non basta più indignarsi: il Nobel datelo ad Albanese, non a Trump.

Altro che Trump, il Nobel per la pace datelo a Francesca Albanese

Ci sono tempi in cui il significato di “pace” si deforma nei palazzi, mentre fuori si muore. C’è un tempo come questo, in cui Francesca Albanese – relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei territori palestinesi occupati – paga con la diffamazione, le sanzioni e le minacce la colpa di aver detto la verità: che un popolo intero viene sterminato in diretta, nel silenzio complice dell’Occidente.

Mentre il segretario di Stato Usa Marc Rubio definisce “vergognoso” il lavoro di Albanese, sanzionandola per aver osato chiedere giustizia alla Corte Penale Internazionale, Amnesty International parla senza ambiguità: “Un attacco trasparente ai principi fondamentali del diritto internazionale”. È la voce stessa dell’Onu a essere messa sotto accusa. Eppure non si tratta solo di delegittimazione: è un tentativo deliberato di isolamento e, nella storia recente, questo è sempre stato il preludio della violenza. Francesca Albanese non è una dissidente qualunque, è una funzionaria che esercita con rigore il mandato conferito da una comunità internazionale che, evidentemente, si vergogna di sé.

Per questo ha senso che quasi 20mila persone abbiano già firmato una petizione per candidarla al Nobel per la Pace. Un gesto simbolico? Anche. Ma necessario. Non è una questione personale, è un’ultima trincea per difendere ciò che resta della legalità internazionale. 

Di fronte a chi arma il genocidio e zittisce chi lo denuncia, non basta più indignarsi. Serve gridare forte che la pace non è un premio da assegnare a chi stringe mani nei vertici. La pace, oggi, ha il volto di chi resta in piedi sotto i colpi, armato solo di diritto. E per questo, merita di essere protetto.