di Vittorio Pezzuto
Come ben sanno a Orbetello, Giuliano Amato è un formidabile campione di tennis e ieri ha voluto darci l’ennesima dimostrazione della sua potenza con la racchetta in mano. Con lui nel rettangolo di gioco non c’è pallina che non vada nella giusta direzione. Appena nominato membro di diritto dell’esclusivo Circolo della Consulta, è così sceso in campo per dare il suo contributo decisivo alla nomina del nuovo presidente della Corte costituzionale.
Per un solo voto di scarto (8 a 7) il professore ordinario di diritto costituzionale Gaetano Silvestri ha infatti prevalso sull’avvocato generale dello Stato Luigi Mazzella, che pure era il favorito della vigilia. Entrambi erano stati a suo tempo nominati giudici dal Parlamento: in quota centrosinistra il primo, con l’appoggio del centrodestra il secondo. E anche se il voto è stato segreto, non è certo difficile immaginare l’eleganza feroce con la quale Amato ha piazzato un bel passante lungolinea nel campo dell’ex ministro berlusconiano della Funzione Pubblica. Punto, gioco e incontro. Con viva e vibrante soddisfazione del suo grande sponsor Giorgio Napolitano.
L’esito della partita non servirà certo ad assopire le critiche per la nomina dell’ex presidente del Consiglio a giudice costituzionale. In questi giorni molto è stato ricordato del suo passato e qualcosa è stato trascritto delle sue conversazioni private, alcune delle quali poco commendevoli. E come da copione l’interessato ha rifiutato di rispondere a qualsiasi domanda concernente l’accumulo della sua faraonica pensione (integrata spesso da assai ben retribuite consulenze e collaborazioni) con i 453.403,99 euro di retribuzione annua lorda che gli verranno riconosciuti fino al 2022. Le sue solide e ramificate amicizie nel Palazzo lo mettono al riparo dalla necessità di dover rispondere all’opinione pubblica ed è quindi fisiologico che consideri i giornalisti alla stregua di molesti postulanti. Quasi nessuno ha però sottolineato come la nomina a giudice di un ex inquilino di Palazzo Chigi stoni alquanto con la supposta terzietà della Corte: chi ha contribuito in prima persona a varare leggi non dovrebbe poi essere messo nella possibilità di poterne giudicare la costituzionalità. È vero che in passato in quel ruolo sono stati nominati diversi ex ministri della Repubblica (tra questi Oronzo Reale, Giuliano Vassalli e Sabino Cassese), eppure è la prima volta che una scelta così delicata ricade su un uomo che per decenni ha amministrato e mediato il potere politico in tutte le sue espressioni.
Lo sfregio alla Costituzione
Si sbaglierebbe peraltro a circoscrivere l’avvenuto ballottaggio tra Gaetano Silvestri e Luigi Mazzella nel perimetro di una virtuosa competizione tra visioni differenti del diritto, della vita e quindi della politica. Non illudetevi: la nostra Consulta non ha alcun legame di parentela con la Corte suprema degli Stati Uniti. Il motivo per il quale si trovavano in lizza tra loro è purtroppo molto più banale: la loro anzianità di servizio nel palazzo della Consulta, avendo entrambi giurato il 28 giugno 2005. Il criterio adottato esula quindi dal merito personale ma soprattutto è anticostituzionale. Per rendersene conto è sufficiente andarsi a ripassare il quinto comma dell’articolo 135 della nostra Carta: «La Corte elegge tra i suoi componenti (…) il presidente, che rimane in carica per un triennio, ed è rieleggibile (…)». Non vi è scritto che rimane in carica “un massimo di” o “fino a” tre anni, ma che presiede per un triennio, rinnovabile. Ne consegue che il candidato dovrebbe innanzitutto avere il tempo a disposizione per l’esercizio pieno del suo mandato. E invece dalla metà degli anni Ottanta questa norma è stata sistematicamente infranta per consentire al maggior numero di giudici di diventare presidente di turno (con un appannaggio di 544.084,84 euro lordi l’anno) anche se solo per pochi mesi: lo stesso neopresidente Silvestri resterà in carica solo fino al 28 giugno 2014, quando scadrà il suo mandato di giudice. A conferma di una prassi contro la legge scritta che si fa forte della supposta ignoranza dei cittadini beoni così come dell’impermeabilità degli interna corporis della Consulta. Tutto questo Amato lo sa benissimo, e già pregusta il momento in cui – sfuggitagli per almeno due volte l’elezione a capo dello Stato – potrà almeno arricchire il suo prestigioso curriculum con la carica di presidente della Corte Costituzionale. È soltanto una questione di tempo.