Amianto sulle navi della Marina. La Difesa deve risarcire le vittime. Il tribunale civile di Roma condanna il ministero. Liquidati 673mila euro ai familiari di un sottufficiale

Dopo anni di battaglie per avere giustizia, le famiglie di chi ha perso la vita a causa dei danni provocati dall’amianto ora può davvero esultare. Proprio ieri, per uno strano scherzo del destino, sono arrivate due distinte sentenze del Tribunale civile di Roma che riconoscono i risarcimenti ai familiari delle vittime. La prima è stata emessa dal Giudice della II Sezione Civile, Alessandra Imposimato, che ha condannato il Ministero della Difesa al risarcimento dei danni, ben 673 mila euro, a favore dei familiari del sottufficiale di Montopoli di Sabina, nel Lazio, “deceduto a 65 anni il 29 maggio del 2009 per mesotelioma pleurico, patologia correlata contratta a seguito del servizio prestato come motorista all’interno di molte unità navali”. La seconda, in cui è stata condannata l’azienda Cotral al pagamento di 294 mila euro, riguarda un uomo che ha lavorato per dieci anni alla manutenzione delle scale mobili della metropolitana di Roma e dopo all’officina meccanica e deposito dei bus di Poggio Mirteto, nel Lazio.

Si tratta di due storie che hanno in comune, come riconosciuto dai giudici, lo stesso killer: l’amianto. Emblematica è la vicenda del sottufficiale della Marina, morto il 29 maggio del 2009 per un mesotelioma pleurico diagnosticato solo due anni prima, il giudice Imposimato ha messo nero su bianco che a farlo ammalare è stato il pericoloso materiale con cui ha convissuto dal luglio del 1961 fino al settembre del 1987, ossia quando ha lavorato come motorista navale di sala macchine tra Taranto e La Maddalena. Anni in cui l’uomo, sprovvisto delle necessarie protezioni, ha inalato polveri e fibre di amianto che ne hanno minato in modo irreversibile la salute tanto che, si legge nella sentenza, il militare “era stato costretto non solo a lavorare in ambienti contaminati, ma anche ad indossare tute d’amianto per proteggersi dal calore”. Ma c’è di più perché “il ministero della Difesa, pur essendo a conoscenza dei danni prodotti dal pericoloso materiale”, secondo il giudice “ha omesso di tutelare la salute del sottufficiale e degli altri dipendenti e anche di effettuare le verifiche sanitarie periodiche”.

“Si osservi che l’amministrazione della Difesa, nell’unico suo scritto giudiziale, salvo formule di stile (inconcludenti allo scopo), non ha contestato specificamente alcuno dei fatti, né ha mosso osservazioni in ordine all’affidabilità, alla veridicità ed alla efficacia dimostrativa della copiosissima documentazione esibita”, continua il dispositivo. Al fine della sentenza, però, sono risultati determinanti il verbale della commissione medica ospedaliera di Taranto “in cui risulta certificata l’esistenza del nesso eziopatogenetico tra il decesso del militare e l’infermità mesotelioma maligno della pleura sinistra da pregressa esposizione lavorativa all’amianto”, il parere del Comitato di verifica della causa di servizio e la certificazione rilasciata dall’Inail. Quel che è certo è che “con queste due pronunce, il Tribunale di Roma dispone l’applicazione dei principi di diritto più volte ribaditi dalla Suprema Corte di Cassazione” ha affermato raggiante l’avvocato Ezio Bonanni (nella foto), presidente dell’Osservatorio nazionale amianto, il quale ha annunciato che “nel caso in cui sia la Difesa che altre aziende pubbliche, come Cotral, dovessero negare il diritto al risarcimento, proseguiremo con le azioni legali in tutte le competenti sedi”.