Appalti, l’Anac smonta il Codice di Salvini

L'Anac smonta il Codice degli Appalti di Salvini. Nel mirino di Busia gli affidamenti diretti sotto soglia.

Appalti, l’Anac smonta il Codice di Salvini

Un fuoco di fila di critiche è quello che si è abbattuto sul Codice degli Appalti nel corso del convegno organizzato dall’Ance a Roma. Presente in sala anche il padre del Codice: il ministro delle Infrastrutture e vicepremier, Matteo Salvini.

L’Anac smonta il Codice degli Appalti di Salvini. Nel mirino di Busia gli affidamenti diretti sotto soglia

Il Codice degli Appalti ha avuto il via libera del Consiglio dei ministri a metà dicembre. Ieri il numero uno dell’Autorità Anticorruzione, Giuseppe Busia, conferma tutte le criticità, già manifestate a suo tempo. che presenta il Codice. In dubbio, innanzitutto, viene messo il cronoprogramma del governo.

Busia: “È una riforma pilastro ma non basta farla: va fatta bene”

“È una riforma pilastro ma non basta farla: va fatta bene. E se per farla e applicarla bene, serve più tempo rispetto alla scadenza del 31 marzo, allora facciamola slittare al 2024”. Non è breve la lista delle criticità elencate da Busia: l’eliminazione di controlli con uso indiscriminato dell’in-house, l’innalzamento della soglia degli appalti a 500.000 euro per le stazioni appaltanti non qualificate, la soppressione delle verifiche sul conflitto d’interessi, l’uso generalizzato dell’appalto integrato senza motivazioni.

Per Busia, “astrattamente l’appalto integrato è una bella cosa. Di fatto l’esperienza ci dice che non funziona. La stazione appaltante affida l’appalto e si ritrova un progetto diverso da quello pensato, con aumenti spropositati dei costi e contenziosi”. E quindi “rifacimenti continui che allungano i tempi”.

Aver alzato la soglia degli appalti a 500.000 euro per le stazioni appaltanti non qualificate – denuncia l’Anac – è come “permettere di guidare in città senza patente dove c’è il limite dei 50 km”. Occorre riportare la soglia a 150.000 euro. Anac chiede il ripristino della normativa del conflitto di interessi: “Anche se non c’è la bustarella o la corruzione, danneggia l’interesse pubblico scegliere l’impresa amica, quella più vicina e non la migliore”.

Quanto agli affidamenti sotto soglia, Busia osserva: “Non può essere che assistiamo a continue forniture di servizi da parte dei comuni tutte a 140.000 euro, per stare sotto la soglia e affidare contratti direttamente. Così si privilegiano i soliti noti, i più vicini all’assessore o al sindaco, non le imprese migliori”.

E ancora: la soppressione dell’elenco dell’in-house gestito da Anac è sbagliata. “È stato abolito il registro che verifica quali in-house hanno le caratteristiche per operare correttamente. Due terzi dei richiedenti non hanno quelle caratteristiche, e finora sono rimasti esclusi. Ora entreranno tutti. Ha senso questo? Io credo di no”.

Busia ha sottolineato che se non si reintroduce l’albo degli in-house, aumenterà il contenzioso. L’Ance, invece, con la sua presidente Federica Brancaccio, mette in guardia dallo shock normativo che è inevitabile, dice, se ci si trovasse di fronte “a una mannaia imposta senza possibilità di un confronto”.

Salvini prova a difendersi: quella approvata “è una bozza assolutamente aperta” e anche se “l’importante è non smontare l’impalcatura”, delle “migliorie” sono possibili perché “nessun articolo è intoccabile”. L’approvazione, prevista per il 31 marzo, “non è in discussione”, ma sull’entrata in vigore, ci sono dei ragionamenti in corso con l’Europa. Anche perché l’entrata in vigore di un codice di 230 articoli con 35 allegati va accompagnata. Dopo il passaggio parlamentare, il nuovo codice degli appalti “sarà ancora più snello, veloce ed efficace”.

È l’auspicio che Salvini lascia trapelare nel pomeriggio – a convegno finito – dal suo ministero. “Tagliando tempi morti e burocrazia – fa sapere – ci saranno meno spazi per tentativi di corruzione”. La lezione di Busia evidentemente non l’ha recepita.