Le puerili reazioni della destra (politica e giornalistica) all’insuccesso dei referendum dell’8 e 9 giugno si commentano da sole. Ma i problemi del lavoro, che tale consultazione ha avuto il merito di rimettere al centro del dibattito pubblico, sono ancora tutti lì. Irrisolti. Dalla fuga all’estero di sempre più giovani alle morti in crescita, fino ai salari stagnanti. Vediamoli in dettaglio.
- Sola andata. Nel 2024, 93mila giovani tra i 18 e i 39 anni hanno lasciato l’Italia (+107,2% rispetto al 2014). Solo in 22mila sono rientrati. Un altro dato preoccupante è contenuto nell’ultimo rapporto AlmaLaurea: il 10% dei laureati italiani in materie Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) va all’estero, dove guadagna una volta e mezzo in più di chi resta. Oltre il 70% dice che non tornerà indietro.
- Strage silenziosa. Malgrado il governo provi a sminuire, di lavoro, nel nostro Paese, si continua a morire. Tanto, troppo. Secondo l’Inail, nei primi 4 mesi dell’anno le vittime sono state 291 (+8,6% rispetto al 2024), di cui 79 in itinere e 5 studenti. Ad aumentare sono state anche le denunce di malattie professionali: 33.136 fra gennaio e aprile, +9,4% in confronto allo scorso anno e +56% sul 2019.
- Generazione 1000 euro. Gli stipendi al palo restano uno dei principali problemi degli italiani. Per la Cgil, 6,2 milioni di lavoratori dipendenti privati nel 2023 guadagnavano, nel migliore dei casi, 1.000 euro netti al mese. Non solo. L’Istat ha rilevato che, a marzo 2025, le retribuzioni contrattuali reali erano ancora inferiori di circa 8% rispetto a quelle di gennaio 2021. Il “cambio di rotta” sui salari propagandato dal governo è una fola. E di salario minimo non se ne parla.
- Presa per il cuneo. Nel suo ultimo report, l’Upb ha scritto che l’occupazione sta aumentando nei settori con bassi salari, peggiorando quindi la produttività del lavoro. Altresì, con il “nuovo” taglio del cuneo fiscale siamo al paradosso: per effetto del cosiddetto fiscal drag (drenaggio fiscale), i lavoratori italiani pagano 370 milioni di tasse in più. Una mano dà e l’altra toglie.
- Cassa continua. Il balzo della cassa integrazione non si arresta. Dopo il boom del 2024, tra gennaio e marzo l’Inps ha autorizzato complessivamente 176,5 milioni di ore, +30,2% rispetto alle 135,5 milioni di ore di dodici mesi prima. Metalmeccanico, tessile, abbigliamento e calzature sono i settori più colpiti. A preoccupare è anche il dato della Cig straordinaria, che in un anno è cresciuta del 119,5%.