Aria di rinvio

di Gaetano Pedullà

Periferia della Germania, provincia dei francesi, colonia dell’Europa. Ecco com’è ridotta questa Italia a sovranità limitata, indebitata fino al collo e costretta a chiedere permesso anche su come spendere i nostri soldi. Perciò domani il Presidente del Consiglio farà la valigia e partirà per convincere Hollande, la Merkel e poi il Consiglio d’Europa che il suo piano per rimettere in moto l’economia non violerà i vincoli di bilancio. Al massimo ci allargheremo un po’ da quel tetto del 2,6% di deficit rispetto al Pil, ma alla fine resteremo dentro quel 3% che invece tutti gli altri beatamente sforano. Un viaggio non facile, nonostante il premier francese sia con l’acqua alla gola più di noi e i tedeschi hanno ormai ben chiaro che se l’Italia salta le loro auto (e tanto altro) se le sbattono in testa. Più complesso sarà convincere gli euroburocrati, così legati ai loro parametri e indisponibili ad ammettere i giganteschi errori che hanno accelerato una crisi senza uguali in metà del continente. Renzi ha chiesto a questa Europa di cambiare, di comprendere che il patto di stabilità non può diventare un patto di stupidità, e che bisogna spendere i pochi soldi che ci sono se non vogliamo che la crisi diventi irreversibile. Fin oggi la risposta a tutto questo è stata No e dunque è meglio non farsi troppe illusioni. Se però stavolta faremo davvero un po’ la voce grossa, qualcosa potremmo strapparla. Solo così – e questo il premier lo sa bene – il Governo riuscirà a mantenere gli impegni presi tre giorni fa per dare respiro all’economia. Le coperture affidate in gran parte alla spending review non bastano e ieri il presidente degli industriali già parlava di una prima promessa tradita, con il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni rinviato da luglio a settembre. Dunque non abbiamo scelta che augurarci che Renzi riesca nella sua missione in Europa. Ma di un’Europa così sentiamo davvero poco bisogno.