Arrestato per evasione il neo deputato regionale siciliano Cateno De Luca (Udc). Con lui in manette anche il presidente della Federazione piccoli imprenditori, Satta

De Luca e Satta ai domiciliari in qualità di promotori di un’associazione per delinquere finalizzata alla realizzazione di una rilevante evasione fiscale

Primo scossone giudiziario sulla Sicilia dopo le Regionali di domenica. È stato arrestato questa mattina il neo deputato dell’Ars Cateno De Luca, leader di Sicilia Vera, eletto (con cinquemila preferenze) nelle fila dell’Udc. De Luca, già inserito nella lista degli “impresentabili” prima del voto, è finito in manette insieme a Carmelo Satta, presidente della Federazione piccoli imprenditori, in esecuzione di un provvedimento cautelare emesso dal Gip del Tribunale di Messina. I due sono finiti agli arresti domiciliari in qualità di promotori di un’associazione per delinquere finalizzata alla realizzazione di una rilevante evasione fiscale di circa un milione 750mila euro.

Le indagini hanno individuato un complesso reticolo societario facente capo alla Federazione Nazionale Autonoma Piccoli Imprenditori e alla società Caf FE.NA.PI. s.r.l. – riconducibile, direttamente o indirettamente, a De Luca e Satta – usato corso del tempo per porre in essere un sofisticato sistema di fatturazioni fittizie finalizzate all’evasione delle imposte dirette ed indirette. Oltre a De Luca e Satta, sono state deferite a piede libero altri 8 associati. Contestualmente è stata disposta l’esecuzione del sequestro preventivo per equivalente fino all’ammontare dell’indebito risparmio di imposta, sia nei confronti degli arrestati che nei confronti della società Caf FE.NA.PI, nei cui confronti è stata applicata la normativa in materia di responsabilità amministrativa degli enti.

Il neo deputato regionale Udc era già finito in manette nell’ambito dell’inchiesta per i lavori realizzati a Fiumedinisi (Messina). Di recente la Procura ha chiesto per lui la condanna a 5 anni di carcere, a sentenza è attesa prima di Natale. De Luca aveva chiesto alla Suprema Corte di trasferire a Reggio Calabria il processo che lo vede imputato ma per i giudici della Suprema Corte il ricorso non è trattabile. Quindi il processo resta a Messina.