Artigiani e pmi dimenticati dal governo

di Sergio Patti

La protesta dei forconi? “Non ci ha stupito affatto. Preparando l’assemblea nazionale della Cna in programma domani a Roma, con il gruppo dirigente dell’organizzazione abbiamo girato l’Italia in lungo e largo per quattro mesi e abbiamo sentito rabbia, rabbia e rabbia. Il terreno più fertile per una protesta come quella che sta esplodendo in questi giorni. Ciò nonostante, non metterei la mano sul fuoco sostenendo che si tratti solo di una manifestazione spontanea”. Ivan Malavasi, da 11 anni e mezzo alla guida della Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa, per due volte presidente di Rete Imprese Italia di cui è stato tra i fondatori, oggi può gettare indietro lo sguardo e fare il bilancio di undici anni con l’elemetto per difendere il cuore dell’economia nazionale. Dietro ogni storia d’impresa, da quelle medie che oggi sono il baluardo più forte contro la crisi, a quelle più piccole e artigiane, c’è una sfida resa ancora più difficile da mille insidie. Ci sono i mali più noti come fisco e burocrazia, la carenza di credito e di infrastrutture, ma spesso anche altri fattori più difficili da decifrare.

Difendere la legalità
“Se parliamo dei forconi – fa subito al concreto Malavasi – facciamo mente locale alla grande protesta precedente, quando dietro il fermo dell’autotrasporto in Sicilia si è visto benissimo che c’era la mafia. Un piano di illegalità per difendere chissà quale illegalità futura. Le imprese sane non possono accettarlo”.
La scommessa più difficile per le imprese oggi però è sopravvivere. E qui la legge di stabilità non aiuta. “È vero, anche se nella prima lettura in Senato è stato inserito un principio che premia la trasparenza nelle spese, aiutando a recuperare imposte come l’Iva, ci sono almeno tre aspetti che deludono”, spiega Malavasi, avvisando così la Camera perchè corregga il tiro. “La prima delusione sta nel no del governo a ripatrimonializzare i Consorzi Fidi. Qui avrebbe potuto giocare un ruolo determinante la Cassa Depositi e Prestiti. I soldi per garantire migliaia di piccole imprese non si sono trovati, ma poi per aiutare banche sono saltati fuori. Inaccettabile”. Secondo aspetto è l’Imu. “Esatto, un’altra partita dove il governo si è mostrato miope. Riconoscendo la non detraibilità o deducibilità dell’Imu sui capannoni industriali (a differenza di quanto è stato fatto in altri comparti economici) si è messo in discussione proprio il cuore delle aziende. Se poi pensiamo che l’unica detraibilità accordata vale appena qualche euro l’anno, meno della pizza messa sul piatto per ridurre il cuneo fiscale, allora si ha la sensazione di una beffa”. Che altro dovrebbe cambiare a Montecitorio? “Andrebbe riempita di contenuto la delega fiscale. La burocrazia è ancora un costo esorbitante per le imprese. Per non parlare della confusione. Ma come si fa a non sapere fino a pochi giorni prima cosa bisogna pagare? Togliessero almeno le sanzioni per chi inevitabilmente finirà per sbagliare…”. E infine c’è il surplus dell’Inail. “Due miliardi l’anno – conta Malavasi – che dovrebbero tornare alle Pmi per tagliare l’Irap e non per tappare i buchi di qualche gestione meno virtuosa”.

Idee per il futuro
In questo quadro si può essere ottimisti senza passare per illusi? E Renzi convince? “Senza ottimismo non si può fare impresa. Renzi è un elemento di novità importante. Se saprà dare stabilità e spingere di più il governo potrà fare molto bene al Paese. Letta ha qualità. Ma la scommessa è passare dalle large differenze a una migliore azione di governo”. Di lavoro ce n’è per il prossimo presidente di Rete Imprese Italia e della Cna. Qualche consiglio? “Rete Imprese è stata una grandissima intuizione, che ora copiano anche in altri comparti economici.Ci sono cose da affinare, ma la strada è giusta. Per la Cna la strada sono i servizi, anche da riaccentrare se questo vuol dire maggiore qualità a vantaggio delle imprese. Gli ambiti territoriali di regioni e province vanno superati.
E non sarebbe la prima volta che le imprese anticipino una inevitabile riforma delle istituzioni”.