L’asse Berlusconi-Salvini per frenare la Meloni fa acqua da tutte le parti. La deriva leghista squassa FI. I governisti sognano la Lista Draghi

Forza Italia a pezzi, la Lega allo sbando e il partito della Meloni mostra i muscoli ma ha frenato il balzo nei sondaggi.

L’asse Berlusconi-Salvini per frenare la Meloni fa acqua da tutte le parti. La deriva leghista squassa FI. I governisti sognano la Lista Draghi

Forza Italia a pezzi, la Lega allo sbando e Fratelli d’Italia che mostra i muscoli, ma che ha frenato il balzo nei sondaggi. Così Giorgia Meloni non può ballare da sola, se davvero punta ad approdare a Palazzo Chigi. Uno scenario che fa venire l’orticaria a Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, disposti a tutto per ridimensionare le ambizioni della presidente di Fdi. Il Cav. gliel’ha giurata da tempo, mentre l’ex Capitano non ha mai digerito il sorpasso subito.

Berlusconi a pezzi, Salvini allo sbando e la Meloni mostra i muscoli

La fotografia del Centrodestra è quella di una ormai ex coalizione, incapace di stare insieme, ma che abbozza un tentativo di dialogo per debolezza e non certo per convinzione. È il caso della nascente federazione di Forza Italia e Lega che potrebbe prendere forma già nei prossimi mesi. Proprio per cercare “qualcosa di nuovo” per arrestare il calo inesorabile dei consensi.

L’esempio della crisi del Centrodestra raffigura Berlusconi alle prese con un partito in crisi di nervi. La nomina della senatrice Licia Ronzulli come commissaria in Lombardia ha riaperto la faida interna, sospesa con la guerra in Ucraina. La defenestrazione dell’eurodeputato Massimiliano Salini, nella regione più importante per i forzisti, ha rappresentato il casus belli per far riprendere quota alle ipotesi di scissione. Ronzulli e il coordinatore Antonio Tajani sono infatti i fautori di un avvicinamento alla Lega, con la benedizione arrivata anche da Arcore.

Una tesi che non convince decine di deputati, come già emerse durante l’elezione del capogruppo alla Camera, Paolo Barelli, fedelissimo di Tajani. La ministra degli Affari regionali e capofila dell’ala governista, Mariastella Gelmini, ha criticato la posizione del leader, dando fiato a quella frangia che non avalla la subalternità berlusconiana nei confronti di Matteo Salvini. Il trio dei governisti, completato da Mara Carfagna e Renato Brunetta, sogna un “partito di Draghi” o comunque un soggetto moderato e liberale che favorisca la permanenza del presidente del Consiglio alla guida del governo anche nella prossima legislatura.

Anche per questo motivo suonano le sirene di Carlo Calenda. Non è un mistero che Azione accoglierebbe a braccia aperte Gelmini, come confermato dallo stesso Calenda, e ancora di più abbraccerebbe con entusiasmo l’arrivo di Carfagna. Con la garanzia di diventare gli scudieri di Draghi. Il clima a poche ore dalla convention, organizzata a Napoli, è insomma di altissima tensione. C’è addirittura chi dà per certo l’addio a Forza Italia di alcuni esponenti di spicco del partito al termine della manifestazione in Campania. Forse è una previsione un po’ azzardata, ma rende l’idea del clima che si respira.

Nemmeno Salvini ha motivi per cui gioire: la prospettiva di inglobare Forza Italia era stuzzicante quando veleggiava con il vento in poppa, prima del Papeete. Adesso imbarca un partito in affanno, formato per lo più da parlamentari preoccupati per la rielezione. Un argomento che anche dalle parti della Lega inizia a creare qualche grattacapo. Gli ultimi rilevamenti indicano la Lega tra il 15 e il 16%, al di sotto del risultato ottenuto alle Politiche del 2018.

Non c’è bisogno di una laurea in matematica per capire che con il taglio dei parlamentari, almeno un terzo degli eletti rischia il posto al prossimo giro. Una situazione che spinge i vertici del Carroccio ad evitare strappi con il governo: la crisi non sarebbe ben vista dai parlamentari in carica. Meglio lavorare, con calma, all’unione con i berlusconiani e finire la legislatura. Anche perché, al momento, c’è un’unica certezza: Lega e Forza Italia vogliono sbarrare la strada di Palazzo Chigi a Meloni. Quindi non bisogna accelerare verso il voto.