Spunta un piano B alternativo all’uso degli asset russi congelati per finanziare la macchina bellica di Kiev. Ursula von der Leyen nella lettera inviata ai 27 governi comunitari, qualche giorno fa, è partita da un assunto: all’Ucraina servono 70 miliardi nel 2026, 64 nel 2027, visto che “dovrà comunque affrontare un enorme deficit che non potrà essere colmato senza l’iniezione di nuovi fondi”. Sul come far arrivare i finanziamenti si deciderà da qui al summit Ue di dicembre. Ma l’opzione A, sulla quale von der Leyen non sembra voler arretrare, resta la stessa: l’uso degli asset russi congelati. Ma l’idea non piace al Belgio che, attraverso Euroclear, detiene la quota principale degli asset russi congelati e non intende esporsi a rischi legali. E non piace neppure a Budapest. “Utilizzare i beni congelati prima di un accordo di pace scatenerebbe contromisure russe che possono causare gravi danni alle aziende europee, comprese quelle ungheresi. Questa è la realtà fondamentale per noi”, ha scritto su X Balázs Orbán, direttore politico del primo ministro ungherese Viktor Orbán.
Spunta il piano B alternativo all’uso degli asset russi congelati
Ecco allora che spunta un piano B al quale starebbero lavorando i paesi europei, nel caso non si riesca a raggiungere un accordo per utilizzare i beni russi congelati per finanziare lo sforzo bellico di Kiev. Lo riporta Politico, che cita quattro funzionari secondo cui un’opzione sempre più sostenuta è un prestito “ponte”, finanziato tramite un’emissione di debito dell’Ue, che permetterebbe a Kiev di non affogare durante i primi mesi del 2026. Questo darebbe più tempo per configurare il prestito di riparazione a lungo termine utilizzando gli asset russi in un modo accettabile per il Belgio.
Due diplomatici hanno riferito che l’Ucraina potrebbe essere chiamata a rimborsare il prestito ponte all’Ue una volta ottenuti i fondi dal prestito di riparazione a lungo termine. Ma gli Stati membri dell’Ue non sembrano poi così disponibili a saccheggiare i propri bilanci nazionali per concedere sovvenzioni all’Ucraina, in quanto molti stanno già affrontando deficit elevati e costi di finanziamento crescenti.
Il veto dell’Ungheria anche sul piano B
Anche sul prestito ponte attraverso il debito congiunto dell’Ue, opzione che richiederebbe il sostegno unanime dei 27 Paesi membri, peraltro, ci sarebbe da fare i conti sempre con il veto dell’Ungheria. Contraria a finanziare ancora, con qualsiasi piano, la guerra in Ucraina. I leader Ue pro Kiev spingono per presentare il prestito ponte come destinato alla ricostruzione dell’Ucraina, invece che a sostenere il suo sforzo bellico. Ma la partita non è semplice nella consapevolezza che il tema rischia di complicare le trattative di pace in corso tra Russia e Ucraina, dato che la questione degli asset è un nervo scoperto, com’è ovvio, per Mosca.