Le carte si scopriranno solo domenica. Ma è chiaro che il clima non è dei migliori per arrivare in extremis a un accordo che salvi la Grecia dal fallimento e i creditori internazionali dal perdere tutto. Non c’è solo una siderale distanza politica, ma ormai anche i rapporti personali sono compromessi. Si è visto benissimo con il ministro del Tesoro Varoufakis, il falco di Atene, che era stato attaccato all’interno dell’Eurogruppo con insulti senza precedenti. Un asino, in sostanza. Perché la nostra diplomazia europea è attaccata a ogni formalismo, ma se si parla di soldi persino l’educazione ormai è un optional. Ieri però siamo arrivati allo scontro frontale direttamente con il capo del Governo greco. A incendiare le polveri è stato il presidente della Commissione, Jean Claude Juncker. “Incolpo il governo di Atene – ha detto – perché racconta cose che non sono state proposte dalla Commissione”. Si è dato del bugiardo, in sostanza, al premier di un Paese che fino al giorno dell’esclusione resta uno dei componenti dell’Unione. Juncker ha negato di aver chiesto l’aumento dell’Iva su medicine e elettricità e di aver proposto invece tagli alla difesa. L’aumento dell’Iva, và, la chiedevano i marziani.
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