Attentato contro Sigfrido Ranucci: un ordigno fa saltare le auto del giornalista di Report e della figlia

Notte di paura per Ranucci a causa di un attentato. La Procura di Roma indaga per danneggiamento con l’aggravante del metodo mafioso

Attentato contro Sigfrido Ranucci: un ordigno fa saltare le auto del giornalista di Report e della figlia

Un boato nella notte ha squarciato il silenzio di Campo Ascolano, alle porte di Roma. Due esplosioni, violente e improvvise, hanno distrutto le auto del giornalista Sigfrido Ranucci, conduttore della trasmissione d’inchiesta Report, e quella di sua figlia. Le vetture, parcheggiate davanti alla loro abitazione, sono state completamente avvolte dalle fiamme. “Due ordigni hanno distrutto le automobili davanti casa – ha scritto lo stesso Ranucci sui social –. Le deflagrazioni sono state così forti da scuotere l’intero quartiere”.

Secondo quanto comunicato dai profili ufficiali di Report, si sarebbe trattato di un ordigno piazzato sotto l’auto del giornalista, con una potenza tale da poter uccidere chiunque fosse passato in quel momento. L’esplosione ha danneggiato anche un’altra vettura di famiglia e la casa accanto. Sul posto sono intervenuti carabinieri, Digos, vigili del fuoco e polizia scientifica. La Procura antimafia di Roma ha aperto un’inchiesta per danneggiamento con l’aggravante del metodo mafioso, affidata al pm Carlo Villani e coordinata dall’aggiunto Ilaria Calò.

Un attentato vero e proprio, dunque. E una minaccia gravissima che riporta il Paese a un passato che si sperava sepolto. Un attacco diretto non solo a un uomo, ma alla libertà di stampa, cuore pulsante di ogni democrazia.

Le reazioni politiche non si sono fatte attendere. Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha parlato di “un gesto gravissimo, vile, inaccettabile”, esprimendo “piena solidarietà a Ranucci e alla sua famiglia”. Dalla Presidenza del Consiglio, Giorgia Meloni ha diffuso una nota in cui condanna con fermezza “il grave atto intimidatorio” e ribadisce che “la libertà e l’indipendenza dell’informazione sono valori irrinunciabili delle nostre democrazie”.

Sui social anche il vicepremier Matteo Salvini ha definito quanto accaduto “di una gravità inaudita e inaccettabile”, ribadendo la sua “totale solidarietà” al giornalista.

“Siamo sconvolti. L’attentato contro Sigfrido Ranucci è un colpo diretto al cuore della nostra democrazia, all’idea stessa di un Paese libero e civile. In questo momento così difficile siamo vicini con tutto il cuore a Sigfrido, alla sua famiglia e alla redazione di Report”. È quanto si legge in una nota congiunta degli esponenti M5S in commissione di vigilanza Rai. “Ci auguriamo – proseguono – che i responsabili di questo gesto vile vengano individuati al più presto e che la politica tutta, senza distinzione, sappia far quadrato e schierarsi dalla parte della verità e della libertà. Oggi più che mai, stare accanto a Sigfrido Ranucci e a chi lavora con lui è un dovere morale e civile. Chi tocca Sigfrido Ranucci tocca tutti noi”.

Dalle opposizioni è arrivato l’appello a non abbassare la guardia. Nicola Fratoianni (Alleanza Verdi Sinistra) ha ricordato che “l’ordigno avrebbe potuto uccidere” e ha chiesto che le indagini siano rapide e trasparenti: “Il dovere più urgente che abbiamo, soprattutto la politica, è stare al fianco di Ranucci, senza se e senza ma”.

Durissime anche le parole di Angelo Bonelli, che ha parlato di “atto vile e intimidatorio” e ha denunciato “un clima di delegittimazione e isolamento” nei confronti del conduttore di Report. “Chi in questi anni ha attaccato Ranucci e la redazione, arrivando perfino a chiedere il fermo della trasmissione, rifletta e chieda scusa – ha dichiarato –. Alimentare campagne d’odio contro chi fa inchieste coraggiose significa rendersi complici di un clima che oggi esplode in tutta la sua gravità”.

Sigfrido Ranucci non è nuovo a minacce e intimidazioni. In passato aveva ricevuto un proiettile calibro 38, era stato seguito e oggetto di dossieraggi, anche dall’estero. Eppure, non ha mai smesso di raccontare ciò che altri preferivano tacere.

L’attentato di Pomezia non colpisce solo un giornalista, ma il diritto dei cittadini a conoscere la verità. E in un Paese dove un ordigno può ancora esplodere sotto l’auto di chi fa domande scomode, la libertà di informare – e di essere informati – diventa una linea del fronte da difendere ogni giorno.