Attese in ospedale, se si sforano i tempi paga la Regione Campania

La Regione Campania, quando sfora i tempi previsti tra quattro classi di priorità per le visite specialistiche o gli esami, deve accollarsi il costo dell’intramoenia o del privato accreditato.

Attese in ospedale, se si sforano i tempi paga la Regione Campania

Se bisogna aspettare sei mesi o un anno per un esame diagnostico i cittadini hanno diritto a non pagare un privato. A partire da quelli urgenti con non più di 72 ore di tempo. Chi lo dice? Il “Piano regionale gestione liste di attesa” (Prgla, ndr) che attua le disposizioni di quello nazionale. In pratica la Regione, quando sfora i tempi previsti tra quattro classi di priorità per le visite specialistiche o gli esami, deve accollarsi il costo dell’intramoenia o del privato accreditato. Può sembrare una buona notizia in questa fase così drammatica per la sanità campana ma c’è un problema: nessuno o pochissimi sono informati di questo diritto. A spiegare nel dettaglio i tempi e le procedure è un dossier degli attivisti che con il Coordinamento campano per il diritto alla salute lanciano in vista della manifestazione regionale del 23 febbraio a Napoli, in piazza del Gesù alle 15.

La Regione Campania, quando sfora i tempi previsti tra quattro classi di priorità per le visite specialistiche o gli esami, deve accollarsi il costo dell’intramoenia o del privato accreditato

Il 24 gennaio 2020 la Regione con il decreto 23 ha integrato la normativa nazionale con il Piano regionale che “ha l’obiettivo di individuare gli elementi di tutela e di garanzia per il cittadino ed è rivolto principalmente alla promozione del principio di appropriatezza nelle sue dimensioni clinica, organizzativa e prescrittiva, a garanzia dell’equità d’accesso alle prestazioni”. Sono previste delle classi di priorità: “urgente, 72 ore; breve, 10 giorni; differibile, dai 30 ai 60 giorni; programmata, 120 giorni”. Se si superano questi limiti per le prescrizioni del medico di medicina generale “il costo per l’utenza di eventuali visite od esami di laboratori in regime Alpi e privato accreditato, sempre rispettando in pieno la prima offerta formulata dal CUP, dovrà essere al costo del pagamento del ticket ordinario in funzione delle classi di reddito e di patologie. La parte residua eventuale dovrà essere pagata dal sistema sanitario”.

Insomma, se non si rispettano i tempi che la Regione ha stabilito è essa stessa che deve coprire gran parte del costo per la prestazione privata. I cittadini, però, non conoscono questo loro diritto e anche tanti adetti ai lavori che siedono in consiglio regionale. “L’utenza non è informata – dichiara Antimo Di Martino della Rete sociale No Box e curatore del dossier – se pensiamo che ho trovato solo una lettera di un Tribunale del Malato in provincia di Avellino su questa vicenda. A Napoli, invece, nessuno se ne occupa. Il problema delle liste di attesa è complesso ma se la gente non sa che è suo diritto anche nel caso di sforamento delle classi di priorità fino a 120 giorni è grave”.

Se non si rispettano i tempi che la Regione ha stabilito è essa stessa che deve coprire gran parte del costo per la prestazione privata

Per accendere le luci su un’utenza all’oscuro di un suo diritto ci sono alcuni passi da fare. Innanzitutto non è previsto il regime del rimborso. Bisogna seguire le “istruzioni per l’uso” che gli attivisti hanno predisposto per chi prenota una visita specialistica o un esame al Cup: “in base alla prescrizione ricevuta potrebbe essere utile segnalare all’operatore quale sia la classe di priorità indicata su di essa dal medico prescrittore. Per ottenere il rispetto dei tempi massimi indicati con una delle 4 classi di priorità bisogna accettare la prima offerta che verrà proposta dal Cup. Nel caso, invece, che si possa per scelta superare i tempi massimi di una delle 4 classi di priorità stabilite dal medico proscrittore, si potrà scegliere tra più proposte del Cup”.

Secondo Di Martino, quando si sforano le classi di priorità, deve scattare la protesta: “conviene scrivere alla Regione, alle Asl una raccomandata o una Pec, facendosi possibilmente aiutare da un’associazione che tratti il diritto alla salute o, ma solo secondariamente, tramite gli Uffici relazione con il pubblico che si trovano in ogni distretto sanitario. Non bisogna mai aderire a richieste o consigli di rivolgersi direttamente al sistema privato”. Oltre alle procedure che i cittadini devono provare a far rispettare nel nome di un proprio diritto la questione è tutta politica: “la normativa vigente fornisce uno strumento importante – conclude Di Martino – che deve permettere di svolgere il servizio sanitario di assistenza nel modo più utile e giusto per la salute dei cittadini. Molto spesso per mancata informazione o per ignoranza non riusciamo a tener conto del fatto che i nostri diritti vanno rispettati ma anche difesi con lucidità”. In questo scenario domani ci sarà la piazza di Napoli per rivendicare il diritto alla salute spesso negato in Campania, anche quello scritto in un Piano regionale.