Baldassari: “A sinistra serve meno ideologia e più concretezza”

Parla il sondaggista e direttore di Lab2101, Roberto Baldassari: "C'è spazio per l'alleanza Pd e 5S Ma si deve partire dai temi".

Baldassari: “A sinistra serve meno ideologia e più concretezza”

Come succede ormai da tempo e in tutte le elezioni, si registra l’ennesima flessione nel numero di persone che hanno deciso di recarsi alle urne. Roberto Baldassari, direttore generale di Lab2101 e professore di Strategie delle ricerche di mercato e di opinione di Roma 3, ci può spiegare questo dato?
“Il dato sull’affluenza mostra un trend già visto nelle regionali. Rispetto al passato si nota una disaffezione o quantomeno un distacco nei confronti della politica a cui i partiti non riescono a dare risposta. Ciò è particolarmente evidente in questa tornata elettorale perché le Amministrative, ancor più che le Regionali, sono un momento in cui le persone vengono chiamate alle urne e rispondono copiosamente. Si tratta di una dinamica che viene definita ‘effetto di prossimità’. Registrare un calo, anche se limitato al 2 per cento dei voti rispetto alle precedenti elezioni, è un segno allarmante e su cui la politica farebbe bene a ragionare”.

Alla luce dei dati, qual è lo stato di salute del Centrodestra?
“Il Centrodestra ha tenuto, a mio avviso arrivando a toccare la sua massima espansione attorno al 46 per cento, ma ovviamente ci sono stati degli assestamenti per lo più fisiologici. Certo non sono mancati dei momenti critici ma sono stati assorbiti e il contraccolpo è stato minimo. La sensazione è che gli italiani stanno continuando a dare fiducia alla Meloni con Fratelli d’Italia che è ormai stabile intorno al 29 per cento. È pur vero che cominciano a essere prese delle posizioni ‘governative’, le quali inevitabilmente segmentano l’elettorato, ma ritengo che il clima d’opinione nei confronti della coalizione è ancora molto buono. Ovviamente vedo alcune criticità soprattutto legate alle posizioni prese dalla Presidente Meloni che volendo essere lei in prima persona il garante di tutto il governo e apparendo la più carismatica di tutta la compagine ministeriale, in cui si salvano 4 o 5 ministri abbastanza conosciuti e apprezzati dall’opinione pubblica, fa sì che quando ha un momento di stasi allora ne soffre l’intera coalizione. Per quanto riguarda la Lega, registriamo un buon risultato perché arriva a sfiorare quasi il 10 per cento e sembra sfruttare il momento di difficoltà di Forza Italia. Proprio per Forza Italia è necessario fare una riflessione perché è evidente che è sempre stato un partito legato a Silvio Berlusconi, motivo per il quale ha pagato il difficile stato di salute del suo leader, ma in queste settimane sta accusando il colpo anche del rimpasto, voluto da Berlusconi e dai suoi più stretti collaboratori, che ha portato al ridimensionamento della Ronzulli e agli avvicendamenti sia nella segreteria che nei territori. Al momento questa strategia non sembra ripagare”.

Parliamo del Partito democratico. C’è stato l’effetto Schlein?
“Guardi almeno in un primo momento c’è stato. Infatti dopo la sua elezione, il Partito democratico ha ripreso 3-4 punti buoni in favore di una parte di elettorato che si era disinnamorato della gestione troppo centrista portata avanti dalla precedente segreteria. Mi sembra evidente che l’ascesa della Schlein ha sicuramente riacceso una scintilla che sembrava spenta da tempo, riportando rapidamente il Partito democratico al 20% ma drenando, in maniera davvero significativa, i voti provenienti dalla parte più a sinistra del Centrosinistra. Contemporaneamente, con una dinamica che si è accentuata nelle ultime due o tre settimane, abbiamo registrato anche segnali di ripresa del Movimento 5 Stelle e un assestamento, forse un appiattimento, del Partito democratico che ha fermato la propria crescita. Questo significa che l’effetto Schlein c’è stato ma anche che è già terminato. Adesso il Centrosinistra, con dentro il Movimento 5 Stelle, deve guardare avanti perché è evidente che se c’è soltanto uno scambio di voti tra Partito democratico e M5S, allora non andranno da nessuna parte”.

Quale destino vede per la coalizione di Centrosinistra?
“Per il Centrosinistra il discorso è ampio e articolato. Ora bisogna capire quali temi mette sul piatto la nuova segreteria del Partito democratico perché sembrano un po’ fragili le battaglie limitate a questione di genere, sui diritti e sul Green, quando dall’altra parte c’è la Meloni che continua a caratterizzarsi con forza su questioni molto pratiche. Credo che ci sia un problema di prospettiva tra un Centrosinistra che ha un approccio troppo teorico e un Centrodestra che ne ha uno estremamente pratico. E la coalizione tra Partito democratico e Movimento 5 Stelle, se vuole avere qualche speranza, deve riuscire a recuperare una visione più pratica e meno ideologica”.

Dato per spacciato da tempo, il Movimento 5 Stelle di Conte sembra vivere una seconda giovinezza…
“Per il Movimento 5 Stelle in contemporanea con l’avvento della Schlein abbiamo registrato una flessione ma ora sembra aver recuperato il terreno perduto tornando stabilmente attorno al 16%. Giuseppe Conte ha sempre un ottimo share e un alto gradimento, soprattutto al Sud dove fa regolarmente veri e propri bagni di folla. Guardando alla possibile alleanza con il Partito democratico, il Movimento 5 Stelle sembra non poter svolgere il ruolo da protagonista ma da co-protagonista e questo, non voglio essere frainteso, non è per forza un male. Semplicemente bisogna capire se porta un valore aggiunto. Al momento il timore è che non può bastare un’accoppiata tra Partito democratico e Movimento 5 Stelle limitata a poche occasioni e soltanto in ottica di contrapporsi al Centrodestra ma servirebbe un approccio programmatico, lavorando sui contenuti e non sui contenitori. Del resto è proprio quello che Conte ha sempre chiesto alla segreteria del Partito democratico”.

Tramontato il sogno del partito unico, come ne escono Azione e Italia Viva da questa tornata elettorale?
“Questo divorzio ha portato a una perdita di voti e in questo momento Azione fa fatica ad arrivare al 5 e mezzo per cento mentre Italia Viva non arriva al 2 e mezzo percento. Insieme ora farebbero l’8 per cento, prima stavano tranquillamente intorno al 9 e mezzo. Mi sembra evidente che c’è stata un’emorragia di voti che sono andati altrove e che non credo torneranno indietro”.